Sono oltre un milione le persone che in Italia soffrono di scompenso cardiaco, saranno due milioni entro i prossimi venti anni. Ogni anno si registrano 130mila nuovi casi, ogni giorno si contano 270 decessi. É l'epidemia del Terzo millennio, prima causa di ospedalizzazione dopo i 65 anni. Già oggi assorbe l'1,5-2 % della spesa sanitaria totale, pari a 500 milioni di euro all'anno. La mortalità per questa patologia è del 20% entro il primo anno e del 50% entro cinque anni. Si cura la fase acuta, si supera linfarto, ma si dilata lo scompenso cardiaco, un insieme di sintomi che rivelano le difficoltà del cuore che perde progressivamente la sua forza contrattile. Negli adulti le cause più comuni sono di origine ischemica, derivano cioè dal restringimento delle arterie. Anche l'ipertensione arteriosa non curata, il danneggiamento delle valvole cardiache, le infezioni, labuso di alcol e sostanze tossiche, sono responsabili. Fino a un terzo dei pazienti, presenta arterie coronarie normali. In questi casi si parla di cardiomiopatia dilatativa idiopatica.
«La situazione è grave, ma si può fare molto per migliorarla», precisa il professor Alberto Margonato, primario di cardiologia e unità coronarica presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano. «In primo luogo va riconosciuta da tutti la gravità di questa epidemia e si devono concentrare gli sforzi per affrontarla. I pazienti con scompenso cardiaco non vanno ricoverati negli ospedali per essere curati nei reparti di medicina generale, ma in quelli di cardiologia dove è possibile aggredire con ben altri mezzi la malattia. Diagnosi e cura vanno affrontate in modo multidisciplinare con la partecipazione di emodinamisti, elettrofisiologi, cardiochirurghi. Inoltre si deve poter ricorrere a tutti i test necessari per una migliore diagnosi e per un impiego dei farmaci necessari nelle dosi più appropriate. Il paziente non può essere abbandonato nel suo letto, va monitorato costantemente non solo durante la fase acuta. Anche dopo le dimissioni va seguito al suo domicilio. Grazie all'impiego della telematica è possibile controllare tutti i suoi parametri vitali». Margonato impiega la tecnologia, ma rimane soprattutto un clinico che ama il rapporto diretto con il paziente. Nato a Milano nel 1951, dopo la laurea con lode in medicina all'università statale si è specializzato in cardiologia lavorando prima con il professor Bartorelli (uno dei più qualificati studiosi dell'ipertensione) e poi con i professori Zanussi e Pozza. Ha trascorso quasi due anni a Londra facendo parte del team del professor Maseri (il cardiologo della regina e poi a Roma del Santo Padre) e del professor Yacoub, un pioniere dei trapianti cardiaci. Dal 1999 Margonato è al San Raffaele come primario di cardiologia. Dirige un reparto coordinando il lavoro di oltre 40 persone, di cui venti cardiologi. Oltre 15 i medici specializzandi. Tra i suoi interessi clinici prioritari: le patologie delle coronarie, delle valvole, lo scompenso cardiaco, le tecniche diagnostiche come l'ecocardiografia e la scintigrafia.
«Una nostra ricerca condotta su 352 pazienti con scompenso cardiaco per 67 mesi ha registrato a cinque anni una mortalità del 27% e cardiovascolare del 17,2 %, cioè la metà di quella descritta da tutte le casistiche. Lo scompenso può essere curato in modo ben più incisivo rispetto a quanto si fa oggi in molti ospedali. Un approccio determinato migliora sensibilmente i risultati. Oggi troppi pazienti non si ricordano di prendere le medicine vanificando qualsiasi cura». L'anziano deve combattere la perdita delle forze e dell autonomia.
« Lo stesso scompenso cardiaco porta nell'età avanzata ad un degrado muscolare, conseguenza della presenza del Tumor necrosis factor (Tnf). Il metabolismo è orientato in senso catabolico, si registra una atrofizzazione dei muscoli. Al San Raffaele si somministra una miscela di amminoacidi essenziali che non vengono sintetizzati dall'organismo. Un nostro studio ha analizzato per mesi gli effetti di questo trattamento sulla tolleranza allo sforzo, la qualità di vita e la funzione cardiaca. I risultati di questa ricerca,molto incoraggianti, saranno presentati a fine agosto al congresso della Società europea di cardiologia a Barcellona. Lo studio, con eco tridimensionale dei problemi delle valvole cardiache, soprattutto la mitrale, in pazienti cardiopatici, rappresenta un'altra area di ricerca di Margonato.
Infine, lo studio non invasivo delle coronarie attraverso la Tac, in collaborazione con la radiologia e la medicina nucleare, ha già dimostrato una grande affidabilità per un controllo dello stato delle coronarie. Un domani in modo ancor meno invasivo questa metodica potrà sostituire in parte le coronarografie che sono temute da molti pazienti.
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