«Per curare gli attacchi di panico non basta somministrare farmaci»

«Fuori i guardiani dal tempio». La provocazione è del neurologo Rosario Sorrentino, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerca e cura degli attacchi di panico (Ircap), presso la clinica Pio XI di Roma. I destinatari sono gli psicoanalisti che non accettano un approccio integrato alla cura degli attacchi. «Ci sono pazienti sottoposti a terapie di vent’anni - spiega Sorrentino - stremati da psicoanalisi prolungate, una sorta di mutuo soffocante senza benefici risolutivi. Bisogna capire che la terapia farmacologica non è un semplice aiutino, bensì una parte fondamentale della cura, che va integrata da una psicoanalisi breve». Le dichiarazioni di Sorrentino arrivano nel corso di una tavola rotonda organizzata dalla Lidap, Lega italiana contro i disturbi d’ansia, agorafobia e attacchi di panico. «Organizziamo gruppi alla pari di auto mutuo aiuto - spiega Anna Pappalardo, presidente Lidap - che seguono un percorso di due o tre anni per imparare a superare il problema. Abbiamo voluto questo incontro per mettere insieme esperti di diverse discipline e farli confrontare con i pazienti, che vorranno sapere qual è il miglior percorso per giungere alla guarigione. D’altronde i farmaci costano troppo e una lunga psicoterapia non porta fuori dal tunnel. Bisogna arrivare all’approccio multidisciplinare». «L’attacco di panico - continua Sorrentino - è una formidabile sberla che all’improvviso ti fa sentire fragile e vulnerabile. Il malato si chiude in un recinto e cerca di proteggersi da fobie sempre crescenti. Noi dobbiamo entrare e spingerlo fuori. Appena fuori, il paziente ritrova l’autostima». Il problema colpisce soprattutto le donne e la diffusione è in crescita. L’attacco si manifesta con palpitazioni, senso di soffocamento, paura di morire, timore di perdere il controllo e il contatto con la realtà. Sintomi che durano pochi minuti, ma vengono riferiti dai pazienti come un incontro ravvicinato con un profondo senso di morte.

«È vero che ognuno è diverso - l’opinione di Giampaolo Perna, responsabile del centro per i disturbi d’ansia del San Raffaele-Turro di Milano - ma è anche vero che le malattie sono malattie. Perciò è necessaria una cura farmacologica, con la psicologia di supporto. Un albero ha un significato diverso per ognuno di noi, ma resta pur sempre un albero».

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