da Bologna
Renato Curcio, 66 anni, ideologo e fondatore delle Brigate Rosse, il suo debito con la giustizia finito di pagare nel 2003, tenta di sottrarsi alle polemiche che hanno accompagnato fin dall'inizio l'annuncio della sua presenza a Bologna, ma alla fine non si sottrae: «Sono qui non per la mia storia, ma come ricercatore della cooperativa che mi dà lavoro - ripete -. Il clamore? È da anni che vado in giro e mi sembra un po' strano che improvvisamente sia diventato un problema. E poi - aggiunge - i nostri libri hanno committenze dalla Cgil, che sembra nemmeno saperlo, da Ausl, Comuni e Province». Nel pomeriggio Cofferati aveva definito fuori luogo e inopportuna la presenza di Curcio a Bologna: «Non è in discussione la libertà di un cittadino - ha detto il sindaco - di fare o di muoversi ma l'opportunità del suo agire. La mancanza di un'esplicita condanna del terrorismo passato e presente da parte di Renato Curcio rende inopportuna e fuori luogo la sua presenza e l'iniziativa che lo ospita». Da parte sua Curcio sorvola sulle domande su Biagi («Le leggi non mi interessano, non faccio politica») e rifiuta di rispondere a Cofferati: «Al sindaco e ad altri non ho nulla da dire». E la condanna del terrorismo? «Non sono qui per questo - risponde stizzito - ma per parlare di precariato». Poi lascia il banchetto con i suoi libri in vendita (14 euro a volume, c'è chi si lamenta del prezzo, ma un ragazzo gli chiede perfino l'autografo, che lui non concede) e si accomoda al tavolo dei relatori.
Lo scenario è un ex capannone industriale occupato, via Zanardi, estrema periferia di Bologna, platea di giovani, saranno duecento. Rocco, uno degli organizzatori, è nato nel 1977, quando Curcio era già in prigione da tre anni. Non si rende conto, non capisce: «Non so perché tutto questo clamore, siamo qui a parlare dei nostri problemi di oggi di lavoratori e studenti. E poi Curcio è da anni che gira per feste dell'Unità e di Liberazione, e i suoi libri li scrive insieme ai sindacalisti». Tutto vero: le prefazioni sono firmate dal segretario della UilTucs Lombardia, Giovanni Gazzo. Sepolti da una pioggia di critiche, i ragazzi del Collettivo Crash-Laboratorio del precariato sociale, protagonisti di una stagione di occupazione di alloggi pubblici in città, ieri hanno accolto comunque il fondatore delle Br, invitato a parlare dei suoi ultimi libri sui temi del lavoro: «La trappola etica», «Il dominio flessibile», «Il consumatore lavorato», «L'azienda totale». Segue dibattito sulle «forme di resistenza alla precarizzazione esistenziale».
I volumi sono editi dalla cooperativa «Sensibili alle foglie», che tra i soci e autori annovera anche Nicola Valentino, condannato all'ergastolo nel 1979 per l'uccisione del giudice Fedele Calvosa e oggi esperto, per ovvie ragioni, di carcere.
Il «cattivo maestro» Curcio, invece, nelle sue «lezioni» in giro per l'Italia - prima di Bologna a Genova e Lecce - parla di lavoro, sfruttamento e precariato. Temi che urtano molti nella città di Marco Biagi, il giuslavorista ispiratore della Legge 30 di cui il 19 marzo si celebra il quinto anniversario della morte avvenuta per mano delle nuove Br. E infatti sono state decine le voci alzatesi contro la presenza di Curcio, pur relegato in periferia e non certo in una sede istituzionale. L'ultima, ieri, quella del segretario nazionale della Cisl, Raffaele Bonanni, in città per un omaggio alla memoria di Biagi: «Questa per noi è una giornata di ricordo e spero che nessuno svaluti la memoria dell'azione di Marco, che gli è costata la vita per le esigenze di tutti e la libertà di tutti».
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