Curzi: "Se il cda della Rai non è agibile tutti a casa"

Il consigliere anziano del cda: "Se non è possibile lavorare l’intero cda dovrebbe trarne le conseguenze, mettendo peraltro la classe politica e le istituzioni di fronte alle proprie responsabilità"

Curzi: "Se il cda della Rai non è agibile tutti a casa"

Roma - Consiglio di amministrazione della Rai "agibile", con il "pozzo delle buone volontà ancora non prosciugato", oppure se ne traggano le conseguenze, ovvero tutti e nove i componenti a casa. E già mercoledì prossimo il cda potrebbe sciogliere questo dubbio. Lo dice Sandro Curzi, consigliere anziano del Cda di viale Mazzini, prendendo atto della sentenza di questa mattina della Terza sezione del Tar del Lazio che ha accolto il ricorso di Angelo Maria Petroni.

Un intervento - quello di Curzi - che ora finisce con il chiamare in causa l’intero cda, ma in particolare a questo punto i consiglieri del centrodestra. La sentenza di oggi è, a giudizio di Curzi,"solo l’ultimo di una serie di atti ed eventi, di diversa origine e natura, non sempre trasparente e intelligibile, che hanno sinora reso assai problematico e faticoso a questo Consiglio di amministrazione, in carica da due anni, di assicurare al servizio pubblico radiotelevisivo una gestione all’altezza dei problemi accumulatisi negli anni, del ruolo e della difficile competizione alla quale la Rai deve far fronte su un mercato in cui si intrecciano accelerato sviluppo tecnologico e grandi manovre finanziarie".

Una sentenza - aggiunge il consigliere - e la "conseguente situazione di ulteriore incertezza e instabilità che determina in Rai" che riflettono anche "una situazione generale del Paese e delle istituzioni priva di solidi punti di riferimento, di autorità condivise e di un costume all’altezza della complessità delle moderne democrazie".

Curzi sottolinea quindi che "per quello che ci riguarda come Consiglio di amministrazione, credo che a questo punto ci dobbiamo chiedere sin dalla riunione di mercoledì (21 novembre, ndr) con estrema franchezza e grande senso di responsabilità, se - nelle condizioni date - sia ancora concretamente agibile un livello di gestione che tuteli il patrimonio e le esigenze aziendali, nella prospettiva di condizioni più agevoli o ottimali a breve".

Infatti "se rilevassimo, invece, che ormai è prosciugato il pozzo delle buone volontà e capacità individuali, che hanno sinora controbilanciato gli ostacoli e i limiti che dall’esterno sono stati posti alla gestione del servizio pubblico, l’intero cda dovrebbe unitariamente trarne le conseguenze, mettendo peraltro la classe politica e le istituzioni di fronte alle proprie responsabilità".

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