Custodi sociali, un esercito di 150 «angeli»

L’appello dell’assessore Moioli: «Non ci siano tagli nel bilancio. Il servizio va potenziato». Le richieste maggiori arrivano da Rogoredo e Quarto Oggiaro con oltre 1.300 assistiti

È un’esistenza di solitudine e isolamento quella che si vive nelle periferie di Milano: a dirlo, da una prospettiva del tutto particolare e privilegiata, sono i custodi sociali cittadini, che attraverso un questionario hanno raccontato i retroscena di un anno di attività dopo tre di sperimentazione.
Anche se il progetto si rivolge a tutti coloro che si trovano in una situazione di disagio sociale - famiglie con figli, single o giovani -, emerge che ad usufruirne sono per l’ottanta per cento gli anziani. E quando il custode arriva, non sempre e non soltanto si trova davanti un problema concreto di salute o di difficoltà economica: spesso, il disagio maggiore viene dalla solitudine e dalla mancanza di rapporti con gli altri. Nelle periferie, denunciano gli operatori, manca del tutto una rete sociale di quartiere: tre quarti degli assistiti, comprese le famiglie e i giovani, non conosce i propri vicini di casa, ammette di non curarsi mai di loro né degli spazi comuni.
E il custode si trasforma in tuttofare: aiuta nel disbrigo di pratiche, rileva i bisogni indirizzando le persone verso l’assistenza più adeguata, occupandosi spesso anche di attività che non gli spetterebbero, come fare la spesa, occuparsi di bimbi piccoli o fare le pulizie.
«Questo servizio è un punto di partenza per la sussidiarietà reale - ha commentato ieri, ad un incontro con gli operatori sociali l’assessore alle Politiche sociali del Comune Mariolina Moioli -. Con il custode si integrano i vari servizi di assistenza sociale e sanitaria». E sui finanziamenti la Moioli ha sottolineato: «Spero non ci siano decurtazioni nel bilancio perché l’idea era, d’accordo con il sindaco, di ampliare il servizio».
I custodi per parte loro vedono il proprio lavoro come una vera e propria missione, rivolta innanzi tutto alla prevenzione, all’assistenza e alla tutela dei soggetti deboli piuttosto che al disbrigo di operazioni pratiche e burocratiche.
Per molti di loro - un gruppo di 152 persone, composto in gran parte da diplomati e laureati, che lavora per vari enti coordinati dal Comune, come Aler e la Fondazione Don Gnocchi - non si tratta di un impiego provvisorio, ma di un punto d’arrivo: il 66 per cento si immagina ancora in questo ruolo nei prossimi anni.
L’assistenza si concentra maggiormente nelle zone di Rogoredo e Quarto Oggiaro, dove da giugno del 2007 ad agosto del 2008 sono rispettivamente state assistite 1309 persone ed erogate 53.677 prestazioni.


Il grado di soddisfazione del servizio dipende dal soggetto assistito: da un lato le famiglie e le persone sole, solo in parte contente dell’assistenza; dall’altro gli anziani, che sono i più soddisfatti (80 per cento) dell’aiuto, e anche i più collaborativi. E apprezzano soprattutto una cosa: aver ritrovato un po’ di fiducia nel prossimo.

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