Il «D’Addario show» a Parigi sarà la tomba dei «repubblicones»

Caro Granzotto, mala tempora currunt: mi riferisco al diffamatorio spettacolo messo in scena a Parigi e dal titolo «I love Silvio» che ha come protagonista Patrizia D’Addario. Ma questo significa gettar fango sull’Italia e mi chiedo il perché manchi una iniziativa diplomatica che blocchi lo spettacolo diffamante nei confronti del capo di governo italiano.

Ma no, ma quale intervento diplomatico, caro Ascione! Cominciamo col dire che i Grandi son sempre stati presi di mira dall’avanspettacolo, specie se non indifferenti alle lusinghe di Venere (Leopoldo del Belgio fece il giro dei cabaret di tutta Europa col nome di Cleopoldo, per via della tresca - beato lui, beato lui! - con la stupenda Cleo de Merode). E poi, scusi sa, ma ben venga la sgangherata messinscena parigina perché rappresenta la pietra tombale della iniziativa scandalistica, voyeristica e onanista ordita dai repubblicones. Con lo sgangherato show rappattumato nel parigino «Le Globo», loro e non certo il nostro beneamato Papi ci fanno la figura di peracottari per aver montato - sprecando tonnellate di carta e quindi contribuendo al disboscamento che a sua volta favorisce il global warming - un fragoroso cancan sulla banalità dell’amor mercenario. Roba che non tira più nemmeno nei cinema a luci rosse della periferia di Bogotà. E fosse solo quello: il suddetto cancan aveva infatti come obiettivo finale - target, lo chiama l’ingegner Carlo De Benedetti - la messa all’indice di «El Cavaliere», il suo allontanamento e da Palazzo Chigi e dalla vita politica in generale segnando così la fine dell’odiato berlusconismo e l’avvento del progressismo franceschiniano e serracchioniano. Pensi lei che pirlaggine di pensiero, a Largo Fochetti. Ho letto che protagonista del papocchio «Party all’italiana» sarà quella Patrizia D’Addario che molto di sé fece parlare per aver trascorso - mille euri cash - una notte di fuoco e fiamme con il nostro amato Papi, il quale, è d’uopo ricordare, a detta della escort da quella notte ne uscì da Rambo dell’alcova. Comunque sia, bonus ex malus, come dicevano gli antichi. Da una schifezza si può trarre qualcosa di positivo. Col suo spettacolino la D’Addario, hai visto mai, potrà infatti raggranellare un po’ di soldini alimentando così la speranza di trasformare il suo rustico in quell’agriturismo che tanto le sta a cuore e per il quale chiese a Papi di darle una mano (ma trattandosi di aggirare un piano regolatore e violare mezza dozzina di leggi sull’edilizia, Papi, che anche in versione informale resta un uomo di Stato, le rispose picche). Le confesso, caro Ascione, che se la placida villeggiatura campestre non m'avesse a tal punto impigrito, schizzerei a Parigi per vederla all’opera, la D’Addario.

Se tanto mi dà tanto, se in scena è brava come nel suo mestiere di escort, chiamiamolo così, potrebbe rivelarsi una ancorché pecoreccia Eleonora Duse de noantri. Che è pur sempre un male minore rispetto al ruolo, non ipotetico, di valletta-opinionista di Michele Santoro o di editorialista vamp di Micromega (pare che Flores d’Arcais ci abbia già fatto un pensierino).

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica