D’Alema con Karzai a Kabul: sì a conferenza internazionale

Il ministro degli Esteri afferma di non voler ritirare i soldati, ma ribadisce: la soluzione militare non basta, bisogna sviluppare gli aspetti politici

Roberto Fabbri

Venerdì il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, in partenza per Kabul, aveva osservato che «sul piano meramente militare è difficile trovare una soluzione alla crisi in atto» e che pare dunque opportuno «un ripensamento delle linee d’azione» in Afghanistan. Strade nuove e più articolate, con più spazio per le componenti politiche, economiche e umanitarie della cooperazione con quel Paese. E un rilancio dell’azione internazionale che si spinga fino all’organizzazione di una nuova conferenza che veda coinvolti i Paesi della regione.
Tanto era bastato ai partiti della sinistra radicale italiana (rifondazione comunista, pdci più i verdi) per interpretare il tutto come un preannuncio di ritiro dei soldati italiani dall’Afghanistan, smentito già venerdì in gergo atlantista dallo stesso D’Alema come «un classico caso di wishful thinking». Tra i più convinti esegeti del pensiero del ministro degli Esteri il segretario rifondatore Franco Giordano («Riteniamo che le nostre truppe debbano essere ritirate immediatamente dall'Afghanistan, dove è in corso una guerra, e portate in Medio Oriente») e quello verde Alfonso Pecoraro Scanio («Siamo davanti alla crisi e al fallimento della presenza militare in Afghanistan»). A difendere la linea di D’Alema («Non ho detto e nemmeno mai pensato che i nostri soldati debbano essere ritirati, purtroppo i militari sono ancora necessari») tra i sostenitori della maggioranza solo i Ds e i centristi, mentre il pensiero del centrodestra è stato sintetizzato dall’ex sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, di Forza Italia, che ha detto di «temere che per l’Afghanistan dobbiamo prepararci al peggio, con gli ultrà pacifisti al governo in Italia che invitano ad una vera e propria inammissibile diserzione».
Ieri però D’Alema a Kabul ci è arrivato davvero e nella capitale afghana ha incontrato il presidente Hamid Karzai e le altre autorità. A loro ha detto L'Italia «sostiene e intende continuare a sostenere» l'Afghanistan nel suo processo di democratizzazione, stabilizzazione, pacificazione e ricostruzione. A Karzai e al suo ministro degli Esteri Rangin Spanta D’Alema ha detto, come anticipato, che l’Italia non intende abbandonare l’Afghanistan bensì cambiare l’approccio ai problemi sul terreno: dunque non solo un'azione militare e di lotta al terrorismo, ma anche un rilancio degli aiuti umanitari e dei processi di rafforzamento delle istituzioni afghane. Temi questi che dovrebbero costituire l’argomento della conferenza internazionale che Karzai ha detto di considerare opportuna.
D’Alema ha detto di voler coinvolgere «tutti i Paesi vicini dell’Afghanistan (si presume dunque anche l’Iran, n.d.r.) per chiedere loro un impegno serio e coerente per la stabilità e contro il terrorismo» e ha detto di aver già consultato su questo progetto «spagnoli e francesi».

Riguardo alle preoccupazioni che suscita l’attuale situazione in Afghanistan, D'Alema ha infine affermato: «Noi crediamo fortemente che le preoccupazioni non devono spingere gli europei a lasciare il Paese, ma vogliamo lavorare meglio». Preso atto che in quel «noi» non può essere inclusa una parte rilevante della sua stessa maggioranza di governo, forse il robusto ego del ministro si è materializzato per l’occasione in un plurale maiestatis.

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