nostro inviato a Santa Margherita Ligure (Genova)
Fisco da rivedere, colpendo le rendite e favorendo lavoro e imprese. La ricetta la dà Massimo D'Alema al convegno dei giovani imprenditori di Santa Margherita Ligure. Una platea attenta ha seguito le parole del vicepremier e ministro degli Esteri. L'attenzione degli industriali sui temi fiscali, vista la prossimità della manovra correttiva, è massima, ma l'esponente Ds si è mantenuto sul generale: «Nessun aumento della pressione fiscale», assicura. Ma «ci dovrà essere una diversa modulazione della pressione fiscale colpendo là dove si è accumulata la ricchezza prodotta dalla rendita a scapito, spesso, di lavoro e imprese che dovrebbero essere alleate» in questa battaglia.
Parole che sembrano confermare l'intenzione della sinistra di aumentare le imposte sulle rendite finanziarie. Ma che si potrebbero adattare anche a misure sugli immobili o alla formula tedesca, cioè la tassazione dei redditi più alti. La misura per il lavoro e l'impresa è il taglio del cuneo fiscale (cioè la differenza tra quanto un lavoratore costa all'impresa e quanto il dipendente si mette effettivamente in tasca), che l'esponente dei Ds conferma secondo le modalità illustrate dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Non sarà, quindi, un taglio indifferenziato per tutte le imprese. Il ministro degli Esteri scontenta gli imprenditori che hanno chiesto una riduzione per tutti. Per D'Alema bisogna piuttosto «aiutare le imprese che sono al fronte e non tutte. Quelle che innovano e internazionalizzano. E non mi convince nemmeno - aggiunge - l'idea che si debba aiutare le imprese che sono in difficoltà». E poi rafforza il concetto: «Posso dire una bestemmia? Bisogna aiutare le imprese più forti. Magari - precisa - unimpresa piccola o media che ha un brevetto vincente, ma non ha risorse per moltiplicare la sua attività».
Il vicepremier non scontenta gli industriali, quando si tratta di affrontare il tema della ripartizione del taglio del cuneo. «Deve andare pro quota a lavoratori e imprese» secondo quando pagano «quindi un terzo e due terzi». Una posizione vicina a quella di Confindustria, ma diversa rispetto a quella di Cesare Damiano, ministro Ds del lavoro secondo il quale la ripartizione deve essere fatta al 50 per cento.
Il ministro dell'Esteri spiega anche il senso della manovra correttiva. E spiega che la sinistra «non ha passioni sadomasochiste per le manovre finanziarie», tuttavia «se non si mette un argine subito alla situazione lasciataci dai 5 anni di governo Berlusconi e se non si rientra entro 2 anni da un rapporto deficit/Pil sotto il 3 per cento, l'Europa ci punirà». A preoccupare - D'Alema parla di una «situazione allarmante» - è «l'azzeramento dell'avanzo primario» e «lo stock del debito pubblico». Dati che richiedono misure drastiche anche perché stiamo andando incontro a un periodo di tassi in rialzo e «con il debito pubblico come il nostro ci possono essere effetti negativi». Qualche accenno di autocritica, forse per assecondare lo spirito bipartisan che i giovani imprenditori hanno voluto dare all'appuntamento. Sulle liberalizzazioni la sinistra «ha fatto poco» anche se negli anni del centrodestra «non si è fatto niente». E nessuno, né sinistra né destra, ha fatto niente per rimuovere «gli ostacoli e gli impedimenti che si frappongono a una piena realizzazione della voglia di fare». Per liberare «le intelligenze di cui il Paese è ricco».
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