D’Antona: lo Stato non ha risarcito E Pisanu fa aprire un’inchiesta

D’Antona: lo Stato non ha risarcito E Pisanu fa aprire un’inchiesta

Andrea Acquarone

ìAnche la morte ha un prezzo. Soprattutto per chi rimane e dietro quella morte si consuma ogni giorno.
Le nuove Br hanno cominciato a pagare col carcere i loro misfatti omicidi, ma difficilmente lo faranno anche con il denaro. Nonostante le sentenze. Quello tocca versarlo allo Stato, legge numero 206, dedicata alle «vittime del terrorismo». E così, mentre nelle supreme aule della Cassazione la rivoluzionaria Anna Desdemona Lioce rimedia l’ergastolo definitivo, fuori monta la protesta delle vedove di chi è morto per lo Stato. Olga D'Antona, moglie del giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse il 20 maggio del 1999 a Roma e oggi deputata Ds, ora vuole giustizia «economica». E attacca: «Quando sono andata a chiedere la somma residua del risarcimento il Viminale ha tergiversato, ha preso tempo. Poi una solerte funzionaria ha sottolineato che quel risarcimento lo dovevo chiedere ai brigatisti che avevano ucciso mio marito». «Sto ancora aspettando di avere quel rimborso (il restante 10% della somma spettante, ndr). Mi hanno negato quel poco dovuto». Poi un confronto decisamente poco elegante: «Mi risulta invece che la famiglia di Marco Biagi (il consulente del lavoro freddato a Bologna) abbia avuto un risarcimento miliardario ed immediato.». Il ministro Pisanu incassa con diplomazia. E fa sapere di aver disposto «immediati accertamenti riservandosi di adottare ogni opportuna misura». Querelle chiusa, si spera.
Più timore, di certo, incutono le parole di Otello Lupacchini, magistrato gip, impegnato in inchieste sul terrorismo per diversi anni. Eccole: «Non escludo che le Br possano tornare a colpire dopo un periodo di riorganizzazione dovuto agli ultimi arresti». Tra le mani stringe un libro, il suo, presentato proprio ieri. Titolo: Il ritorno delle Brigate Rosse: una sanguinosa illusione.
E il perché dei suoi timori lo spiega così: «Si tratta di un progetto eversivo che non è mutato dagli anni '70, con irriducibili in carcere che continuano a seguire ciò che avviene fuori. Le ragioni di sopravvivenza continuano a permanere e l'organizzazione è più corposa di quella fatta oggetto di indagine. Noi non sappiamo, ad esempio, ciò che è accaduto delle colonne di Napoli e di Milano; inoltre le colonne toscana e romana potrebbero non essere state completamente sgominate».
Per quanto riguarda Desdemona Lioce e Mario Galesi (il terrorista ucciso nella sparatoria sul treno in cui morì il sovrintendente di polizia Emanuele Petri), mostra qualche perplessità: «Andrei molto cauto a sostenere che avessero una posizione di vertice. Anzi, sono convinto che elementi importanti delle nuove Brigate Rosse siano ancora in libertà».


Sulla stessa lunghezza d’onda Franco Marini, l'ex leader della Cisl, oggi segretario organizzativo della Margherita. «Qualche nuova fiammata del terrorismo brigatista non può essere esclusa. E temo soprattutto una cosa: che il libro scritto da Lupacchini non possa considerarsi ancora un testo di storia».

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