D’Avanzo sferruzza come le signore della Révolution

Gentile sig. Granzotto, sembra che lei sia un po’ fissato, o tormentato, o impaurito dalle tricoteuses, come se ogni donna ne celasse una. Ma siamo sicuri che queste donne non abbiano subito il lavaggio del cervello come tutti i fanatici? Chi formava la pubblica opinione nella Francia pre-rivoluzionaria? Risponderei: i pulpiti, ma il clero alto e basso odiava l’aristocrazia e i salotti, atei, libertari e libertini. Gli intellettuali rivoluzionari erano degli ex-mantenuti dell’aristocrazia e a essi non sarà parso vero riscattarsi con l’ingratitudine e giustificarsi con le calunnie (vedi Michelet, Storia della Rivoluzione Francese, volume I, cap. VIII). Marat era un sardo formatosi a Ginevra sulle orme di Rousseau, del quale aveva evidentemente sposato il rancore, i miti dell’età dell’oro, oltre che l’antifemminismo (Rousseau toglie alla donna come alla moglie l’educazione dei figli (vedi l’Emile). Le Gazzette: ma chi le pagava e le diffondeva? Spesso si dimentica che l’Inghilterra era in guerra contro la Francia, l’oro inglese avrà fatto la sua parte e non sarà parso vero di decapitare il nemico: chi parlò dunque in favore del re e dell’aristocrazia? Che cosa potevano fare le donne di positivo? Giusto tricoter.
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Questa è bella: tormentato (o spaventato) dalle tricoteuses. Ma cosa si va a mettere in testa, gentile lettrice? Lasci però ch’io spieghi al lettore ignaro chi fossero ’ste benedette tricoteuses. Tricoteuse è la donna che lavora a maglia. Così furono chiamate durante e dopo la rivoluzione francese le popolane di area sanculotta che assistevano (sferruzzando) alle sedute della Convenzione e al lavoro della ghigliottina. Verso la quale alzavano lo sguardo solo al momento della decapitazione (qualcuna sospendendo il lavoro a maglia per intingere uno straccio nel sangue del decollato. Un souvenir). Erano dette anche «agitatrici», «furie della ghigliottina», «battone», «devote di Robespierre», «arpie», «latranti» e senza jupon, sottana, per contrapporle a quelle senza coulottes. La più celebre tricoteuse in carne e ossa fu Aspasie Carmeligelli: collezionò decine e decine di ghigliottinamenti diventando una star quando ballò la giava alla vista della testa (mozza) di Jean Bertrand Féraud, giurista e deputato alla Convenzione inviso a quel macellaio di Robespierre. La più celebre tricoteuse letteraria è invece Thérèse Defarge, inquietante personaggio dei Racconti di due città di Charles Dickens. Una che tra una sferruzzata e l’altra denunciava i «controrivoluzionari» da portare al patibolo. Fine.
Torniamo dunque a noi, gentile lettrice: che le tricoteuses fossero figlie del tempo - il tempo del Terrore, degli eccessi, della voglia di sangue e del più ferino giacobinismo - non ci piove. Ma non piove nemmeno sul fatto che le tricoteuses carogne lo erano di natura, caratterialmente, direbbe l’assistente sociale. Però le donne della rivoluzione non furono tutte delle Carmeligelli o delle Defarge. Coriacee aristocratiche vollero tener testa, molte perdendola, alla furia robespierriana. Olympe de Gouge si batté come una leonessa contro gli eccessi rivoluzionari trovando il tempo anche per redigere una Dichiarazione dei Diritti della Donna. Finì, con l’una e l’altra accusa, sul patibolo. Anche fra le popolane non mancarono le eroine, una per tutte: Carlotta Corday. Colei che con una ben assestata coltellata accorò l’«amico del popolo» Jean-Paul Marat (da allora i giacobini, che non erano tutti stinchi di santi, cominciarono a guardarsi dalle escort del Café Procope. E chi l’ha voluta capire, l’ha capita).

Al termine di questa scorribanda la parentesi che ci riporta, gentile lettrice, a bomba: diedi del tricoteur al repubblicone Giuseppe D’Avanzo per il suo star fisso su lenzuola e mutande arcoriane o certosiane, senza mai alzare lo sguardo altrove, in attesa che al ritmo del buga bunga la testa del Cavaliere cada. Ma perché, seppure per metafore, il paragone con una Carmeligelli non calza?

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