Dagli archivi riemerge «Legacy» La raccolta che scopre i grandi

Ristampati su cd gli album degli anni ’70 con rarità di Lightnin’ Hopkins e Big Joe

Antonio Lodetti

È una bella storia quella della Sonet Records. Quella di tre giovani appassionati svedesi che, folgorati dal blues revival degli anni ’60, danno al glorioso musicologo Sam Charters l’incarico di registrare sul campo, negli Stati Uniti, i grandi bluesmen ancora in circolazione. Nascono così negli anni ’70 i preziosi long playing «Legacy of the Blues», oggi ripubblicati in cd nella collana «Sonet Blues Story». Un’occasione imperdibile per riscoprire stelle come Lightnin’ Hopkins in Texas’s Blues Legend. Simbolo del suono acustico che diventa elettrico, del dolore che si trasforma in ruvida grazia, Hopkins dispensa la sua arte popolare attraverso la sua anarchica chitarra e la voce tesa, arrochita dalle sigarette e dal whiskey, in brani drammatici come Born With the Devil e Please Help Poor Me e ironici come I Been Burning Bad Gasoline. Per dirla con Charters: «Il blues ha continuato la sua strada ma il country blues è morto con Lightnin’ Hopkins». Anche chi ritiene il blues una progressione di accordi noiosa si emozionerà ascoltando The Historic Recording di Bukka White, eroe della National (chitarra del corpo di metallo dai suoni vibranti) che suona in modo colorito e percussivo. Nel 1930 registra i primi blues; nel ’37 finisce nel famigerato carcere di Parchmam per omicidio, e lì Alan Lomax lo scopre, splendido interprete di brani di vita carceraria come Parchmam Farm Blues e Fixin To Die, ripresa da Dylan nel suo primo album. Passeranno più di vent’anni prima che White torni ad incidere. Scoperto in un’altra prigione, la tristemente famosa Angola Prison in Louisiana, Robert Pete William ha sempre raccontato il vagabondaggio, l’inquietudine esistenziale, i suoi drammi personali in piccoli bozzetti come Graveyard Blues, o Angola Penitentiary Blues che racconta con melanconica pensosità il suo dramma personale, raccolti in A New Defining Of His Life and Music. Ha percorso in lungo e in largo la Highway 13, prima a piedi poi sulla sua sgangherata Ford V-8. Big Joe Williams portava un po’ di divertimento e calore a chi si radunava la notte nelle baracche per ingollare mefitico whiskey clandestino al ritmo di piccoli classici come Little Annie Mae, Levee break Blues, When I First Left Home. Delta Blues, Shouts and Jump Songs, inciso a Stoccolma nel ’72, è arricchito da alcuni inediti come Canary Bord e On My Way Back. Chitarra elettrica, armonica e voce. Juke Boy Bonner (insieme a J.B.Lenoir) è stato il bluesman più arrabbiato e impegnato politicamente.

Protesta contro la società (Problems All Around, Trying To Get Ahead) e contro le ingiustizie in I’m A Bluesman. «Mio padre se n’è andato quando avevo due anni, non m’ha lasciato altro che un’anima grossa così. Per questo sono un bluesman».

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