Dagli junior di Confindustria no al contratto collettivo

Guidi: «Buono l’esordio del governo, ma ora meno tasse». Brunetta: «Nel pubblico il fannullone è il datore di lavoro»

nostro inviato a Santa Margherita Ligure

La platea del convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria l’ha conquistata subito il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta.
Passato subito ai temi concreti, l’esponente del Pdl ha voluto distinguere tra il ruolo di esponente dell’esecutivo e quello di economista.
In qualità di ministro è tornato sul tema caldo delle ultime settimane: la riforma del pubblico impiego. Il problema della Pubblica amministrazione? «È un miracolo che si producano comunque beni e servizi perché nella Pa non esiste un vero padrone, non esistono premi e punizioni e non esiste il mercato», in quanto i cittadini hanno limitato potere di scelta.
Insomma, un’apprezzata denuncia di un Paese che si è cullato troppo a lungo sulle svalutazioni competitive rinviando alle calende greche gli interventi necessari. «La moderna lotta di classe - ha sottolineato - non è quella tra capitale e lavoro, ma quella tra buon capitale e buon lavoro contro la cattiva burocrazia». La soluzione? «Il vero fannullone - ha aggiunto - è il datore di lavoro (lo Stato, ndr), bisogna inventarsi delle regole che lo costringano a essere un po’ meno distratto». Il metodo è semplice: «commissariamento» delle istituzioni che non funzionano e che hanno bilanci in rosso dalla presidenza del Consiglio fino ai livelli locali e class action per la rimozione degli amministratori incapaci.
E poi trasparenza a tutti i livelli: dalla pubblicazione dei compensi e dei tassi di assenteismo alla tracciabilità su Internet delle procedure di pagamento. «La tensione con i sindacati, che si alzano e si risiedono, è il piccolo folklore di chi non ha capito la posta in gioco», ha concluso premettendo che è possibile un «recupero di produttività del 30%» adeguandosi agli standard del settore privato e conseguendo una crescita in linea con l’Ue.
Sui contratti, invece, Brunetta ha parlato come economista perché spetta alle parti sociali accordarsi, ma ha precisato che «serve un modello unico tra pubblico e privato ragionando allo stesso tavolo senza ghettizzare la Pa». Un argomento sul quale si è molto soffermata nella sua prima relazione la nuova presidente dei Giovani imprenditori, Federica Guidi, affermando che il contratto di lavoro «dovrebbe essere meno collettivo e sempre più tailor made, fatto su misura, tagliato attorno al singolo individuo». Una provocazione lanciata in apertura della due giorni ligure quella di Guidi che si è interrogata sull’opportunità «di un recupero della dimensione individuale del rapporto contrattuale» chiedendo contestualmente un taglio dell’imposizione fiscale sulle imprese e valutando positivamente la detassazione degli straordinari effettuata dal governo Berlusconi.
Ma il sistema delle aziende sembra più orientato sul secondo livello, aziendale o locale che sia. Come ha detto l’ad di Unicredit, Alessandro Profumo, «se avessimo differenziazioni geografiche retributive potrei avere un back office in Italia, magari in Calabria, anziché andare all’estero».
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha invece auspicato l’inserimento di «un sistema di sanzioni nel caso in cui le regole sui rinnovi non vengano seguite».

In tarda serata il vicepresidente dell’associazione Alberto Bombassei, al termine del comitato tecnico per definire la posizione al tavolo sulla riforma contrattuale di settimana prossima con il ministro Sacconi. «La nostra base sarà il documento del 2005», ha detto Bombassei. Il modello individuale della Guidi? «I giovani sono un po’ dissacranti», ha tagliato corto.

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