Limmunologo Fernando Aiuti, presidente onorario di Anlaids, applaude linchiesta del Giornale perché «fa chiarezza tra le Onlus che rispettano la legge, come la nostra, e le altre» e difende la «campagna bonsai», alberelli comprati in Cina e venduto nelle piazze a Pasqua: «Se non li avessimo, saremmo chiusi da anni».
Una campagna anomala: l87 per cento del ricavato finisce ai vivaisti.
«Ai tavolini di vendita abbiamo sempre precisato che una parte consistente del ricavato andava alle spese per i bonsai, e il resto al finanziamento dei nostri scopi istituzionali».
Pochi spiccioli.
«Sì. Cè una difficoltà obiettiva a raccogliere fondi per combattere la malattia dei drogati e degli omosessuali, mentre ogni famiglia, purtroppo, ha un malato di cancro».
Questo non giustifica la scarsa trasparenza.
«Ma noi siamo trasparentissimi: il bilancio è sempre stato pubblicato sul settimanale Vita, i conti sono a disposizione e gli amministratori non hanno mai preso un gettone di presenza: lo garantisco dalla fondazione nel 1993 fino al 2006, quando ho ceduto la presidenza, e credo che anche oggi sia lo stesso».
Il problema è far sapere agli acquirenti dei bonsai che per ogni euro versato quasi 90 centesimi non vanno alla ricerca contro lAids ma ai fiorai.
«La maggior parte delle altre associazioni dà oggetti simbolici in cambio delle offerte: con noi è diverso, perché un bonsai ha un valore più elevato e maggiori costi di gestione. Lacquisto, quello che viene perso nel trasporto dalla Cina allItalia, la conservazione in serra per qualche mese, la distribuzione, eccetera. Chi compra un bonsai sa che costa molto più di unazalea».
Resta il fatto che soltanto un quinto del bilancio Anlaids è destinato alla ricerca.
«A differenza di tante altre associazioni, abbiamo revisori dei conti che esaminano i libri contabili e mai sono state rilevate irregolarità. Non cè un euro uscito che non sia giustificato, possiamo documentare dottorati di ricerca, borse di studio, campagne di prevenzioni e quantaltro».
Sono somme marginali.
«Purtroppo per noi negli ultimi anni le donazioni sono calate notevolmente. Anche quelle di chi lascia denaro pur non acquistando le piante, che sarebbero le vere donazioni, quelle fatte senza corrispettivo. Oggi nelle piazze va soltanto chi è intenzionato a portarsi a casa il bonsai».
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