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"Dai cacciatori ai mercanti fino ai tecnomiliardari, così la ricchezza è cambiata nella storia globale"

Lo storico dell’economia, Guido Alfani, ci porta fra i "paperoni" dell’antichità, i nobili medievali, i primi (malvisti) commercianti e l’innovazione del denaro digitale

"Dai cacciatori ai mercanti fino ai tecnomiliardari, così la ricchezza è cambiata nella storia globale"

La ricchezza piace. A chi la possiede, e a chi la vorrebbe possedere. Oggi, Jeff Bezos o Elon Musk sono delle celebrità grazie ai loro patrimoni, Warren Buffett è una leggenda per il suo fiuto negli investimenti e i lupi di Wall Street sono dei modelli di carriera (pure se con qualche possibile intoppo). Basta vedere il successo di una serie come Billions, o la fortuna eterna di un personaggio come Zio Paperone (l'unica passione, a parte i colori rossoneri, che accomuni i figli di chi scrive).

Lo storico dell'economia Guido Alfani, direttore del centro di ricerca Dondena dell'Università Bocconi, di ricchezze è un esperto. Ha scritto anche "Una storia dei ricchi in Occidente" intitolata Come dèi fra gli uomini (edita dalla Princeton University Press nel 2023 e in italiano da Laterza nel 2024), da un ammonimento di Aristotele: se ci fosse una concentrazione eccessiva di "virtù economica", allora nella città ci sarà "chi è come dio fra gli uomini"...

Professor Alfani, chi sono i primi ricchi della storia?

"Innanzitutto, i ricchi sono sempre esistiti, in ogni società. Anche quelle società che possiamo chiamare semplici non sono mai state perfettamente egualitarie: è la tipologia di ricchezza a essere diversa".

Che ricchezza era?

"In una tribù di cacciatori-raccoglitori, la ricchezza è nel possesso di armi per la caccia, utensili o gioielli; ma c'è anche una ricchezza relazionale, che riguarda la posizione all'interno del gruppo, il prestigio; infine c'è quella incarnata, che dipende ad esempio dall'accesso alle risorse alimentari. Invece, per le società più sviluppate, tendiamo a considerare solo la ricchezza reale o finanziaria. La prima è costituita da terre e edifici; la seconda è quella che, oggi, ha acquisito maggiore importanza".

Quando inizia la storia dei ricchi del tipo che conosciamo oggi?

"Con l'emergere dei nuovi ricchi nel Medioevo. Fino a un certo punto, i ricchi erano solamente i nobili, che possedevano feudi e terre nell'ambito di un contratto sociale, per cui avevano il dovere di garantire protezione ai sudditi, più poveri. Poi, fra XI e XII secolo, nelle città nasce una nuova classe di ricchi: i borghesi, che sono in gran parte commercianti e, in pochi casi, i primi banchieri. E sono un problema".

Perché un problema?

"Chi li osserva - i teologi medievali - li condanna come peccatori, perché accumulano ricchezze solo al fine di arricchirsi, e non all'interno di quel contratto sociale su cui si regge la comunità. A che cosa serve tutto il loro patrimonio, se non lo utilizzano per aiutare i poveri? È un peccato grave, in quel contesto".

È un giudizio che resta?

"Sì. Però a un certo punto non si può più sostenere che siano tutti peccatori e si cerca loro un ruolo: per esempio aiutare in tempi di crisi, per cui si chiedono loro dei prestiti, oppure li si tassa, o li si espropria. E questa è la funzione fondamentale che viene loro assegnata in Occidente fino alla Prima guerra mondiale".

Diventa la stessa dei nobili?

"Solo sul lungo periodo. Durante l'età moderna, il ricco nobile ha una funzione politica che il ricco non nobile non ha, ad accezione che nelle Città Stato o nelle Repubbliche patrizie, come Venezia, Genova e la Repubblica olandese; poi, con l'Ottocento, il potere politico e quello economico cominciano a essere sempre di più nelle stesse mani".

Che cosa succede nelle Repubbliche patrizie?

"Comandano i membri delle grandi famiglie mercantili: nel '600, a Venezia, servono centomila ducati per comprarsi il patriziato e accedere al Maggior Consiglio. Il paradosso è che i ricchi comandano di più che nei Paesi dove c'è la monarchia".

La Rivoluzione francese cambia le cose?

"Sì, ma più dal punto di vista dei diritti che della ricchezza. Intorno al 1800, in Francia, l'uno per cento della popolazione possiede il 44 per cento della ricchezza totale; la quota aumenta fino alla vigilia della Prima guerra mondiale, quando la disuguaglianza economica raggiunge il livello massimo in tutti i Paesi occidentali: in Francia, l'uno per cento detiene il 52,5 per cento della ricchezza, in Gran Bretagna il 71 per cento, negli Stati Uniti il 46".

E in Italia?

"Nel 1800, l'uno per cento possiede il 33 per cento delle fortune totali; quota che scende al 10 per cento nel 1990, per risalire, oggi, al 22 per cento. Poi abbiamo stime per epoche precedenti elaborate con il mio gruppo di lavoro, attraverso indagini d'archivio in varie regioni italiane".

Le più antiche?

"Partiamo con il 1300, quando l'uno per cento possedeva il 26 per cento della ricchezza totale. Una percentuale che, a causa della peste nera, crolla fino al 14 per cento".

Nell'immaginario, il Medioevo è un mondo con pochissimi ricchi e tantissimi poveri... Non è così?

"Non proprio. Il fatto è che, più una società è ricca, più possono sussistere disuguaglianze. Un povero nell'Italia di oggi è molto meno povero di allora, quando si moriva di stenti; ma una ricchezza come quella di Musk allora era impensabile".

Perché?

"Perché la sua ricchezza è definita su scala globale, mentre, supponiamo, quella di Cosimo il Vecchio de' Medici, era al massimo su scala mediterranea. Quindi i personaggi come Musk saranno sempre più ricchi. Il che ci rimanda ad Aristotele e al rischio della plutocrazia. Già Francesco Patrizi da Siena, considerato il precursore della meritocrazia, nel '400 diceva: scordiamoci che la Repubblica sia governata dai migliori; sarà governata dai ricchi, che siano i migliori o no...".

Ma questi ricchi del Medioevo, che ricchezze avevano?

"Ricchezze reali: terre, edifici. Nella Firenze dei Medici, i ricchi vogliono anche essere visibili: costruiscono palazzi, commissionano opere d'arte, si concedono lussi nuovi".

E nell'antichità classica?

"Nell'Impero romano, la misura della ricchezza è la terra, insieme agli schiavi per coltivarla. Nell'età di Nerone, dal 54 al 68, sei persone da sole possiedono metà della provincia d'Africa: sono loro i super ricchi, a cui poi l'imperatore confisca tutto... Invece l'uomo più ricco, in termini di denaro, è Marco Antonio Palla, un ex schiavo di origine greca, che possiede 300 milioni di sesterzi. Nerone lo fa avvelenare e intasca tutto... Come oggi, con l'ampliarsi dell'Impero la ricchezza aumenta: infatti nella Tarda Repubblica l'uomo più ricco, Marco Licinio Crasso, aveva un patrimonio di 200 milioni di sesterzi, e la casata di Augusto ne possedeva 250 milioni".

E nell'Italia medievale?

"Un grande mercante come Francesco di Marco Datini, quando muore, nel 1410, ha centomila fiorini ed è il decimo uomo più ricco di Firenze. Giovanni de' Medici lascia a Cosimo il Vecchio, che è l'uomo più ricco della città, 180mila fiorini".

Quando compaiono le monete?

"Le più antiche ritrovate, in metallo, risalgono all'VIII-VII secolo a.C. Anche prima però si utilizzavano i metalli preziosi per gli scambi: i Sumeri impiegavano lingottini d'argento di forma e peso standard già nel 5000 a.C. Oggi per noi i soldi sono sempre meno materiali, tanto che andiamo verso l'euro digitale".

Che cosa comporta?

"È complicato, dal punto di vista culturale. Era già stato problematico il passaggio dal metallo prezioso alla carta: chi garantisce che la carta abbia valore, a differenza del metallo, che ha un valore di per sé? Con l'euro digitale andremo oltre, perché è una moneta non fisica, utilizzata allo stesso modo di quella fisica, il che ci porta verso l'idea che ci si possa fidare del fatto che qualcosa che sta su un server abbia un valore".

Oggi c'è ancora sospetto verso il legame fra ricchezza e politica?

"In Occidente permane a lungo. La svolta è nel '94, quando Berlusconi viene eletto; già nel '92, alle elezioni Usa Ross Perot raccoglie consensi. Nella amministrazione Trump sono coinvolti tredici miliardari: non era mai successo".

Il pregiudizio verso i ricchi rimane? Si pensi al rancore verso chi paga le tasse all'estero...

"A lungo le tasse sono state una misura straordinaria, per obbligare i ricchi a prestare aiuto. Oggi, nonostante le crisi attraversate, i ricchi non sembrano avere assolto molto al ruolo di protezione, e questo può suscitare rancore. Il tema è sempre quello della legittimità della ricchezza, e non è da sottovalutare".

È più facile diventare ricchi oggi, o lo era di più in passato?

"Oggi la

mobilità sociale è bassa. Se consideriamo il Trecento in Italia, quello dopo la peste è stato uno dei periodi più favorevoli per ascendere dal punto di vista sociale ed economico. Era più facile diventare ricchi allora...".

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