Dai Poli applauso bipartisan No di Rifondazione: è liberista

Prodi promette dialogo ma resta freddo sulla richiesta di una manovra correttiva da 28 miliardi di euro: «Su questo si può discutere. Dai conti capiremo cosa fare»

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Sulle priorità siamo totalmente d’accordo». Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha aspettato il pomeriggio per esprimere l’assoluta concordanza tra i programmi del nuovo esecutivo e le Considerazioni finali del governatore di Bankitalia, Mario Draghi.
«È una relazione profondamente condivisibile e soprattutto quello che vogliamo far notare è che c’è un bel dialogo fra governo e Banca d’Italia nel rispetto assoluto della reciproca indipendenza con un continuo e utile approfondimento dei problemi», ha aggiunto il Professore. La convergenza tra Palazzo Chigi e Palazzo Koch è meno marcata quando si fa riferimento alla richiesta di Draghi di «una correzione del deficit nell’ordine dei due punti del Pil», con una manovra nell’ordine dei 28 miliardi di euro. Prodi, in questo caso, si aggrappa alle strategie concordate con la Commissione Ue. «Noi abbiamo obblighi precisi di correzione nei confronti degli impegni presi a Bruxelles: 0,8 più 0,8, poi vedremo dai conti quello che bisognerà fare in più». Il premier, anzi, si è cimentato nell’interpretazione del testo del governatore. «Non è questo - ha sottolineato - il modo in cui si deve leggere la relazione di Draghi, nel senso che su questo si può discutere».
Un dato di fatto comunque resta: le priorità di Bankitalia sono quelle del governo. «Non ci vuole la politica dei due tempi, ma vanno fatti sforzi coordinati per la concorrenza, gli equilibri del Paese compresi i problemi della riduzione del cuneo fiscale» per la quale, secondo Draghi, occorrerebbe reperire risorse aggiuntive. Dalle premesse, nonostante le precisazioni, emerge comunque un Prodi pronto a dialogare su innalzamento dell’età pensionabile, aumento della concorrenza soprattutto nell’energia e nei servizi e salvaguardia della flessibilità nel lavoro.
Il vicepremier Francesco Rutelli si è subito sintonizzato sulla lunghezza d’onda di Via Nazionale. «Non ci può essere una fase di medicine amare in attesa dello sviluppo», ha detto. Il segretario dei Ds, Piero Fassino, ha affermato che la relazione «indica obiettivi di risanamento, crescita e rilancio dello sviluppo utili per il governo». Entusiasta Daniele Capezzone (Rnp) che ha paragonato le Considerazioni di Draghi a una lectio magistralis indicando nel governatore e nel ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa «due frangiflutti tra le onde». Un riferimento non troppo velato all’ala sinistra dell’Unione contraria a ogni cambiamento.
Il sottosegretario all’Economia Paolo Cento dei Verdi ha subito cercato lo smarcamento puntualizzando che «il governo dovrà nella propria autonomia e nella propria valutazione politica della situazione economica e finanziaria assumere le decisioni». Ancora più deciso Gennaro Migliore (Prc). «La relazione di Draghi - ha detto - non esce dai paradigmi liberisti come leva per lo sviluppo del Paese. L’azione fondamentale è basata sul recupero dell’elusione e dell’evasione fiscale».
Il centrodestra, invece, ha unanimemente approvato i contenuti della relazione. «Semplicemente perfetta. Così si serve il Paese e lo Stato», ha dichiarato l’ex sottosegretario Gianni Letta. «Le considerazioni offrono materia di riflessione», ha aggiunto il vicecoordinatore di Fi, Fabrizio Cicchitto, rilevando che ci sono «margini stretti per la riduzione del cuneo fiscale». Per l’ex sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, Draghi ha invocato «l’accelerazione dei processi di modernizzazione e un incremento della produttività del lavoro». Michele Vietti, portavoce dell’Udc, ha apprezzato che «nelle considerazioni in larga parte condivisibili la crisi del sistema produttivo viene fatta correttamente risalire a un ritardo di adeguamento tecnologico e capacità lavorativa che data dagli anni ’90». E Bruno Tabacci ha ricordato come sia visibile il «segno del mutamento» con Bankitalia tornata a «svolgere un ruolo di regolazione». Renato Brunetta (Fi) ha lanciato la sfida all’Unione: «Una relazione generosa e onesta nei confronti dell’azione legislativa del passato governo.

Non facilmente digeribile dal governo Prodi». È rimasto in silenzio l’ex ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, riponendo sulla scrivania di vicepresidente della Camera il barattolo di pelati Cirio, simbolo della sua opposizione all’ex governatore Fazio.

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