Laura Gigliotti
Il Museo Pio Cristiano, che conserva la più ricca collezione di epigrafi e sarcofagi paleocristiani del mondo, inaugurato nel 1854 da Pio IX, è uno dei meno noti fra i Musei Vaticani. Un anno fa, per ricordare i 150 anni dalla fondazione e rilanciarlo, fu presentato il nuovo moderno allestimento. Ora la mostra «La parola scolpita - La Bibbia alle origini dellarte cristiana» (aperta fino al 7 gennaio), torna a riproporre al grande pubblico larte paleocristiana dal II al IV secolo dopo Cristo.
«Un mondo ancora in buona parte da scoprire», dice il direttore del Museo Umberto Utro, curatore della mostra insieme a Valdo Bertalot e Mara La Posta. Loccasione è il quarantesimo della Dei Verbum, importante documento del Concilio Vaticano II che ha dato avvio a una feconda cooperazione fra le varie confessioni cristiane nella traduzione della Bibbia. Centosettanta fino a oggi le traduzioni in comune, molti i progetti in corso.
Una mostra sui generis. Infatti non cè un diverso percorso espositivo, né opere nuove, la novità consiste nel modo più accattivante di proporle. Pannelli colorati bilingue illustrano i particolari delle scene, accanto vi sono i testi biblici a cui si ispirano, tratti dal vangelo di Marco e dal libro di Giona, riprodotti anche in catalogo in traduzione interconfessionale.
Fra le curiosità allentrata, la penna doro e brillanti di Bulgari usata da papa Giovanni XXIII per la firma, e subito dopo il sarcofago detto del «Passaggio del Mar Rosso» (375-400 d. C.), ripulito del calcare che lo ricopriva (era usato come fontana in piazza Margana), che ci restituisce limmagine nitida dellesercito del Faraone che esce dalla città allinseguimento del popolo ebraico, mentre i cavalieri vengono inghiottiti dal mare richiuso da Mosè e il popolo dIsraele al sicuro è pronto a raggiungere la città promessa che sintravede in lontananza. Poco discosto, il puzzle del sarcofago «del Presepe», con ladorazione dei magi e dei pastori. Scoperto nel 500 durante gli scavi per le fondamenta della basilica vaticana, finì in pezzi, uno dei quali è conservato a Cracovia. Ora è stato ricomposto sulla base del disegno di Antonio Bosio, il padre dellarcheologia cristiana, che lo vide integro.
Proseguendo nella visita è possibile ammirare altri sarcofagi straordinari. Espressione tipica della tradizione culturale romana, pur mutando di sensibilità con lavvento del Cristianesimo, non disdegnano contaminazioni con lantico. È fra i più belli il sarcofago di Giona (inizio IV secolo). Simboleggia la vittoria di Cristo sulla morte traducendo visivamente nel marmo il racconto profetico. Il mostro marino che lo inghiotte non differisce da quelli rappresentati dallarte classica, mentre Giona disteso sotto lalbero ricorda Endimione dormiente. Vi compaiono anche per la prima volta scene della vita di Pietro tratte dai testi apocrifi e in alto la prima rappresentazione in assoluto di una chiesa. Si può dire che proprio ora stia nascendo liconografia cristiana. Ma il clou del museo è il grandioso sarcofago a due fregi continui sovrapposti detto «Dogmatico» o «dei due Testamenti» (metà IV secolo) proveniente dalla basilica di S. Paolo fuori le Mura. Doveva essere di un personaggio importante, forse un papa, perché era posto accanto alla tomba dellapostolo. Vi si trova la più antica raffigurazione conosciuta della Trinità personificata in tre figure maschili duguale sembiante.
La raffigurazione di un pastore con una pecora sulle spalle era molto diffusa nellarte antica. I cristiani dei primi secoli trovano naturale utilizzarla per veicolare il messaggio della salvezza. Ecco allora il «buon Pastore pronto a dare la vita per le sue pecore», immagine simbolo delliconografia paleocristiana.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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