RomaCè «preoccupazione» da parte di tutti i governi. Il lavoro «comincia a venire meno» e le «previsioni sono negative». Tanto che nel 2010 si pronosticano «20 milioni di posti» in meno. La premessa di Silvio Berlusconi sembra non lasciare spazio allottimismo. Ma in realtà il premier, pur non nascondendo la grave crisi economica, guarda avanti. Le difficoltà, riconosce, «dureranno due anni, magari due anni e mezzo», ma alla fine ne usciremo anche «più forti di prima».
Così, in conferenza stampa congiunta con il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - al termine del Summit sociale del G8 - punta lattenzione sul «fattore più importante: la coesione sociale». Uno Stato moderno, ripete più volte, «che ha come filosofia leconomia sociale di mercato, la stessa cosa rispetto alla dottrina sociale della Chiesa, non può disinteressarsi del bene dei lavoratori». Ecco perché, «come ho già detto, noi non lasceremo nessuno indietro e porteremo il Paese fuori dalla crisi».
Lobiettivo, assicura, è alla nostra portata. E il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti, riferisce, «è convinto che quello che abbiamo fatto basta e avanza». In ogni caso, dinanzi a un eventuale scenario ancora più negativo, il presidente del Consiglio garantisce di non avere dubbi sulla strada da seguire. «Se ci fosse la necessità», ipotizza, «daremo la precedenza - mi sembra una cosa così logica - a interventi in favore delle classi povere». E ancora. «Oso dire, pur non avendone ancora parlato con Tremonti, che non sono neppure spaventato, per paradosso, ad aumentare il deficit o a sforare il debito, a favore di una spesa sociale provvisoria e primaria, che viene prima di ogni altra cosa». Insomma, People first, come recita non a caso il messaggio centrale del G8 del lavoro tenutosi nella Capitale. E in vista del G20, in programma oggi a Londra, il Cavaliere annuncia: sono pronto a proporre un «social pact». Cioè, un «patto globale», dinanzi a una crisi globale, «che possa sostituire al pessimismo lottimismo, alla sfiducia la fiducia e trasformare la paura in speranza».
Certo, «nessuno ha la ricetta» in mano, ma noi, rivendica Berlusconi, «abbiamo già stanziato 12 miliardi di euro e, nellultimo Cipe, ne abbiamo messi altri 8. In tutto sono 36 miliardi, che però possono arrivare a 40». «Interverremo», ricorda, «sulla cassa integrazione guadagni, che darà l80% cento e fino al 100% con diverse forme di sussidi compensativi per lapprendimento di altre specialità, per un arricchimento dei lavoratori».
Ma «usciremo dalla crisi», ribadisce, anche «mantenendo il contatto tra il lavoratore e limpresa, perché leventuale sospensione sia solo temporanea». E a chi ha già perso il posto di lavoro, il consiglio è sempre lo stesso: «Come ho già detto, se io stessi in cassa integrazione, non starei in casa a guardare la televisione e a girarmi i pollici». Intanto, «ci sarà anche un aiuto importante per chi vuole diventare imprenditore», spiega Berlusconi, che pensa ad un «incoraggiamento»: una «esclusione dalla tassazione per i primi tre anni». In ogni caso, «gli imprenditori devono lavorare di più, credere in se stessi, cercare nuovi sbocchi di mercato e investire risorse personali nelle proprie aziende, sapendo che è un momento passeggero».
A seguire, dopo aver ribadito il suo «no» al protezionismo, che «porta solo danni», il premier ne approfitta per commentare così i dati negativi sulla crescita del Pil, annunciati dallOcse: «Prima non sono stati capaci di prevedere la crisi, poi fanno previsioni negative un giorno sì e uno no. Ma statevi zitti...». E la stessa cosa «avviene per i commissari europei, che continuano, invece di lavorare, a fare prediche ai governi». «Io - aggiunge - farò una proposta: a prendere la parola pubblicamente potrà essere soltanto il presidente della Commissione o il suo portavoce, non i commissari».
Sempre in tema economico, il Cavaliere si sofferma sullaccordo tra Fiat e Chrysler. Lincoraggiamento del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è «una soddisfazione per tutti gli italiani - sottolinea - È il riconoscimento delleccellenza di una nostra grande impresa». Passando al piano casa, il premier rimarca come, a prescindere dallo strumento (decreto sì o no), «limportante è che si faccia», perché «è molto utile e molte persone lo vogliono».
Crisi, dunque, ma anche politica interna. E Berlusconi dice la sua pure sul nodo referendum: «Ci sono argomenti che non fanno parte del programma elettorale - risponde il capo del governo - e quindi sarà la prima riunione della direzione del Pdl, che avrà come ordine del giorno il referendum elettorale, a decidere quale sarà latteggiamento. Ci sarà una decisione a maggioranza, perché siamo un grande partito democratico». Democratico e non, come accusa una sinistra «scandalizzata», guidato da «un decisore unico».
A proposito di Lega, invece, che da sempre si oppone ai quesiti referendari in questione, rilanciati da Gianfranco Fini, il Cavaliere riferisce che le decisioni prese lunedì sera, ad Arcore, per definire le candidature per le amministrative, «soddisfano il Pdl e me». «Abbiamo chiuso un accordo che porta un nostro rappresentante a correre per Torino - aggiunge - così come noi abbiamo accettato un candidato della Lega a Brescia».
Dulcis in fundo una «frecciatina», pur se indiretta, al leader del Pd, Dario Franceschini, convinto che linquilino di Palazzo Chigi sia «vecchio dentro». «Per fortuna», sorride Berlusconi, «sono giovane, anche e soprattutto dentro».
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