Roma

Dalida, la voce la grinta e la malasorte

Dalida, la voce la grinta e la malasorte

Francesca Scapinelli

Una donna dalle tante vite, capace di darsi e spendersi sul palco fino all’ultimo residuo di energia, desiderosa di amare ed essere amata senza risparmio, piena di voglia di vivere ma colpita da un destino avverso e di sofferenza fino al punto di volersi cancellare. Tutto questo è Dalida, Yolanda Gigliotti, nata al Cairo da genitori emigranti calabresi, l’unica interprete ad aver superato «The voice», Frank Sinatra, per numero di dischi venduti al mondo, la prima donna ad avere la propria foto sul 45 giri. Una figura dimenticata in Italia e allo stesso tempo mitizzata in Francia, adorata come una leggenda a tal punto da dare il nome a una piazza di Montmartre. «Ciò che più colpisce di questa donna è l’eclettismo, la capacità di cavalcare ogni tempo e periodo e di incarnare con incredibile forza il momento artistico che viveva - riflette Maria Letizia Gorga, questa sera al Parco San Sebastiano nello spettacolo Avec le temps, Dalida -. È significativo che cantasse Je suis toutes les femmes, “sono tutte le donne”, in parte rinunciando a se stessa. In una lettera al fratello, Dalida scrive che gli uomini amati l’hanno tutti abbandonata, forse perché in lei hanno visto solo l’artista. Una vita intensa nell’amore e nel lavoro, come nel dolore».
Bambino, Gigi l’amoroso, 18 anni, Ciao amore ciao, Avec le temps, Dalida (che l’autore Léo Ferré non sentì mai nessuno interpretare in modo così struggente) sono alcuni tra i successi che hanno costellato la carriera dell’artista, fortissima e allo stesso tempo fragile e mai ripresasi dalla perdita del compagno Luigi Tenco, suicida nel 1967 a Sanremo. A proposito di Tenco e di quel tragico festival, Gorga ricorda come «Dalida si batté perché fosse sospesa la manifestazione, ma fu allontanata per non interrompere la macchina commerciale ormai avviata». Quella della cantante è stata una vita segnata da numerose perdite: oltre che Tenco, morirono suicidi anche l’ex marito Lucien Morisse (l’editore che scoprì il talento della ex Miss Egitto) e Richard Chambray, cui pure era stata legata. Una maledizione quasi di «vedova nera» che le piombò addosso e di cui non seppe mai liberarsi, tentando lei stessa di togliersi la vita due volte e alla fine riuscendoci, nel 1987. L’esistenza travagliata della Dalida sarà tra l’altro il tema di una fiction televisiva con Sabrina Ferilli, tra novembre e dicembre.
«Ma lo spettacolo di questa sera non è triste, anzi racconto anche la sua solarità e la determinazione nell’affrontare le battaglie che la sorte le ha riservato», aggiunge Gorga. «Non c’è un’attrice che interpreta ma una fan di Dalida che la racconta - spiega l’autore e regista, Pino Ammendola -. L’impulso è nato da Maria Letizia, che conosceva Dalida già attraverso i nonni e poi l’ha ascoltata e ammirata sempre più. Si procede per scatti emotivi, e sul palco ci sono sagome colorate, a grandezza naturale, che ricordano il gusto degli anni Sessanta». E quella di Ammendola è una narrazione filologicamente accurata (attraverso lettere, interviste e canzoni), visto il lavoro di ricerca compiuto anche scavando tra le chat dei fan della sfortunata Dalida. Accompagnano l’attrice Stefano De Meo (pianoforte), Laura Pierazzuoli (violoncello), Marco Colonna (clarinetti). Lo spettacolo inizia alle 21.30, biglietti 12 euro. Al Parco San Sebastiano, in via delle Terme di Caracalla 55.

Il 10 ottobre, invece, sarà in scena al teatro Brancaccino.

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