da Roma
Via da Kabul, dove i nostri soldati «sono nel mirino». E via subito, chiede la sinistra radicale, perché quella in Afghanistan non è più una missione di pace ma un contingente che agisce «nel cuore di una guerra combattuta da tutti». Lo dimostrano i recenti attacchi ai militari italiani, «inutilmente esposti per una missione ormai definitivamente fallita». Replica, dalla sponda moderata del centrosinistra, lUdeur: «Bisogna rispettare gli impegni, è da irresponsabili chiedere il ritiro».
Rifondazione, Pdci e verdi tornano dunque alla carica sulla politica estera, riaprendo nella maggioranza una frattura mai completamente saldata. Si preannunciano settimane di passione, che sintrecceranno alle previste tensioni su fisco e Finanziaria, fino alla manifestazione per il ritiro prevista per il 20 ottobre. «Il governo - dice Elettra Deiana, Prc, vicepresidente della commissione Difesa alla Camera - riferisca al più presto in Parlamento su quanto sta accadendo in Afghanistan, sui pericoli che corrono le nostre truppe e sulle strade che si stanno percorrendo per avviare il disimpegno. Negli ultimi mesi la situazione è degenerata, gli attacchi ai nostri soldati hanno assunto una frequenza mai raggiunta in passato». E guai a cercare di svicolare. «Sarebbe un errore - avverte - porre la vicenda in secondo piano».
Secondo Iacopo Venier, responsabile esteri dei Comunisti italiani, «ormai siamo diventati un obiettivo sia della resistenza che del terrorismo». E questo accade «per lassoluta sovrapposizione tra le iniziative di guerra delle forze americane e quelle della Nato, oltre che per lassenza totale delle Nazioni Unite». Fuori Usa e Alleanza atlantica, dentro i caschi blu, questa per Venier «lunica alternativa allattuale disastro: lItalia deve portare questa posizione al consiglio di sicurezza e ai vertici Nato».
E mentre Lidia Menapace, Prc, membro della commissione Difesa di Palazzo Madama, sostiene che «ritiro delle truppe e conferenza di pace sono inevitabili», Manuela Palermi, senatrice del Pdci, chiede di «rivedere completamente» la missione. «I nostri soldati - afferma - sono un bersaglio in una guerra che sino a oggi non è riuscita a portare la pace e almeno ad avviare un processo di pacificazione in quel Paese martoriato. Gli attacchi ai militari italiani sono avvenuti in contemporanea alluccisione di quattro civili afghani in un raid aereo della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. Intanto della conferenza di pace non si hanno tracce. A questo punto - conclude - il governo deve riportare a casa i soldati». Per Tana De Zulueta, deputata dei verdi, «il Parlamento italiano deve assumersi le proprie responsabilità e concludere lanalisi conoscitiva avviata tempo fa sulla nostra presenza in Afghanistan». Allo stato, aggiunge, «la strada percorribile è quella di un disimpegno da parte della Nato e della discesa in campo dellOnu con un mandato di pace».
Ma loffensiva della sinistra radicale viene definita «irresponsabile» da Pasquale Giuditta, Udeur, segretario della commissione Difesa della Camera. «Lincidente in Afghanistan non deve essere strumentalizzato politicamente. Rifondazione vuole che il governo riferisca, ma la richiesta non è fondata. In quel Paese i nostri uomini stanno svolgendo un ottimo lavoro per garantire la sicurezza e gettare le basi per lo sviluppo della democrazia. LAfghanistan non è lIrak». Assurdo poi reclamare il ritiro del contingente: «Unopzione che va concordata con le autorità locali. Il nostro compito è rispettare gli impegni internazionali, fin quando non siano raggiunti nuovi accordi».
Il dibattito potrebbe infiammarsi nei prossimi giorni.
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