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«Dall’Irak può partire la jihad mondiale»

La Cia: ci sarà prezioso per capire il nemico. Al Parlamento di Bagdad compromesso raggiunto sulle modifiche alla Costituzione

da Washington

Sul sito web dell'ufficio di John Negroponte, il nuovo capo dell'intelligence americana, è stata pubblicata ieri la versione integrale della lettera che Ayman al Zawahiri, il medico egiziano indicato come il braccio destro di Osama bin Laden, ha inviato a Abu Musab al Zarqawi, il giordano che guidando il più sanguinario gruppo terroristico attivo in Irak si è conquistato un sinistro rango nel mondo della guerriglia antiamericana. Una lettera del cui contenuto erano stati resi noti ed enfatizzati gli aspetti relativi alle critiche contro certi attentati e che secondo un funzionario della Cia «ha permesso agli Stati Uniti di farsi un'idea precisa della strategia di Al Qaida in Irak e altrove», fornendo preziose informazioni «sulle intenzioni del nemico».
Nella lettera, Zawahiri definisce l'occupazione americana dell'Irak una storica opportunità per i militanti islamici di conquistarsi il sostegno popolare e lanciare la jihad (guerra santa) nel mondo. «I nostri piani devono tendere a coinvolgere le masse musulmane e a condurre il movimento dei combattenti per la guerra santa verso le masse, e non allontanare la battaglia da loro», si legge nel documento, datato 9 luglio. Il messaggio - sulla cui autenticità non vi sono dubbi, secondo la fonte citata dal quotidiano americano New York Times che tratta l’argomento - allude alle difficoltà cui i leader di Al Qaida devono far fronte, e tra queste quello che Al Zawahiri definisce «il vero pericolo», rappresentato dai militari pakistani che danno la caccia ai militanti ricercati al confine tra Pakistan e Afghanistan.
La lettera lancia anche un monito ad Al Zarqawi, che nel gennaio 2004 in uno scritto indirizzato ad Osama bin Laden aveva definito l'uso di attacchi contro gli sciiti iracheni utile alla sua causa. Ma Zawahiri su questo è molto chiaro: tali attacchi sono «azioni che le masse non capiscono né approvano». Ricordando la caduta del regime dei talebani dopo l'invasione americana del 2001, Zawahiri ammonisce a «non ripetere l'errore dei talebani, che avevano ristretto la partecipazione al governo ai soli studenti e alla popolazione di Kandahar. Il risultato è stato che il popolo afghano si è rapidamente distanziato da loro. Anche i più fedeli si sono limitati a guardare e, al momento dell'invasione, l'emirato è crollato in pochi giorni, perché la gente era passiva o ostile». Nella lettera Zawahiri ricorda infine la sconfitta americana in Vietnam ed esorta Zarqawi a «essere pronto, a partire da ora, prima che gli eventi possano sovrastarci, e prima di lasciarci sorprendere dalle cospirazioni degli americani e delle Nazioni Unite e dai loro piani per riempire il vuoto dietro di loro».
Continua intanto il faticoso percorso di avvicinamento al referendum costituzionale iracheno di sabato prossimo. Dopo l’invito del principale partito sunnita a votare sì, ieri il Parlamento di Bagdad ha approvato un’intesa di compromesso sulle modifiche alla bozza della Costituzione, anche se la seduta straordinaria si è conclusa senza un voto. L'accordo con i sunniti prevede l'aggiunta di quattro nuovi articoli al testo già approvato dall'Assemblea Nazionale.

Il primo prevede che subito dopo l'insediamento della nuova Assemblea Nazionale e per un periodo non superiore ai quattro mesi una Commissione parlamentare possa procedere a degli emendamenti alla Carta fondamentale; tali emendamenti, approvati dal Parlamento, verrebbero sottoposti a referendum due mesi più tardi.

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