Dalle barche alla tavola apparecchiata la tradizione di una famiglia genovese

Dalle barche alla tavola apparecchiata la tradizione di una famiglia genovese

«Non abbiamo licenziato nessuno. Anzi. Abbiamo pure assunto una persona. E incrementato il numero dei clienti, anche se la spesa media dei consumatori è diminuita del venti per cento. La gente preferisce pagare con la carta di credito piuttosto che con i contanti. È dura, ma andiamo avanti. Occorre avere fiducia nel futuro. Investire. Come abbiamo fatto noi. Soprattutto ci vuole cortesia, disponibilità, professionalità. Poi i risultati prima o poi arrivano. Seguiamo il flusso negativo di questi mesi, ma pensiamo che una ripresa ci sarà nel 2010».
Lunghi capelli castani raccolti a coda di cavallo. Camicetta azzurra. Le maniche rimboccate. Blue jeans e scarpe comode. Un filo di trucco. La fronte intaccata dal sudore. Di chi ha appena finito di sistemare scatoloni di cartone e pacchetti su e giù dagli scaffali. Lavora dieci ore al giorno. Si alza alle 7 e torna a casa all'ora di cena.
No, non è la figlia piccola di Berlusconi. E nemmeno di Tremonti. Non si dichiara una stakanovista. E nemmeno vuole fare tanta propaganda. Mica deve convincere gli elettori. Daniela, 47 anni, è una commerciante come tante. Diventata però imprenditrice in questi tempi di crisi. Una professione che ha nel sangue. Quello di famiglia, ovviamente, considerato che il papà, Giulio Calza, a Genova è il numero uno della nautica da diporto da oltre 50 anni. Mai un fallimento. Mai una contestazione. Mai una polemica.
«Si lavora così - spiega il grande saggio del commercio genovese - come fa mia figlia e come gli ho insegnato sin da ragazzina. Lei è una imprenditrice nata. Il nostro cognome è ancora scritto sull'insegna di viale Brigata Bisagno dopo tanti anni. Guai a toglierlo di lì. I nostri negozi vengono affittati soltanto alla nostra famiglia. I proprietari non vogliono altre persone. In mezzo secolo mai un pagamento in ritardo. A Genova sono ormai pochini che lavorano mettendoci faccia e cognome».
Insomma, la crisi si affronta anche così. Con le spalle forti, ma anche con la schiena curva a lavorare. Mica a cercare di fregare i clienti. E così capita che, invece di chiudere i negozi, alcune grandi famiglie della tradizione commerciale genovese, come i Calza, ne inaugurino uno nuovo di zecca. Nella stessa location, ovviamente, tra viale Brigate Bisagno e piazza della Vittoria. Nato, quindi, sulle ceneri del noto Genevieve Lethu. Ma in tempi di crisi e leggendo le statistiche della Camera di Commercio è un mezzo miracolo. È il miracolo della tradizione imprenditoriale genovese.
«Non esageriamo - si schernisce Daniela Calza - certo se vediamo l'andamento di tanti miei colleghi allora possiamo considerarlo tale. Ma noi non abbiamo mai sentito la crisi in maniera così pesante. La nostra è una clientela affezionata. Ci conoscono. Si fidano e sanno che da noi possono acquistare prodotti trendy e di qualità al giusto prezzo».
Parla con una sicurezza di una che di commercio se ne capisce parecchio. Daniela ha lasciato gli studi di ragioneria agli Emiliani a 17 anni per entrare nell'azienda di famiglia. Al settore della nautica ha cominciato a aggiungere piano piano abbigliamento e accessori. Poi nel 1995 il salto di qualità con l'apertura del primo corner Timberland a Genova. Nel 1997 un'altra scommessa. L'inaugurazione, a fianco del negozio Timberland, di Genevieve Lethu, dove, in franchising, comincia a vendere prodotti per la cucina, la tavola e l'arredamento. «All'inizio in Italia eravamo in 24 punti vendita - continua Daniela - poi l'altro anno siamo rimasti soltanto in due. Ho deciso di aprire una mia linea intitolata Maison de Genes. Di diventare imprenditrice e girare fiere e aziende produttrici almeno una dozzina di volte all'anno. Da Parigi a Francoforte, dalla Puglia a Milano e Firenze. Non è facile, ma con molto impegno ci riusciremo anche stavolta. Abbiamo tutto.

Dalle profumazioni per la casa, agli utensili di ultimo grido agli oggetti più trendy, all'ornamento della tavola e della cucina. Tutto in stile francese coniugato con quello genovese».
E le luci all'angolo di viale Brigata Bisagno, nonostante la crisi, continuano a brillare.

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