Dalle foibe con orrore

«Ci sono momenti in cui penso che avrei dato il meglio di me come commessa di una profumeria...» Eva Klonowski ha un sorriso contagioso e il gusto della battuta non le manca mai. Capita quando spendi la tua vita a leggere cosa c’è scritto nelle ossa. Polacca, 56 anni, candidata al premio Nobel per la pace, è il numero uno degli antropologhi legali incaricati dalla Commissione internazionale sui dispersi di dare un nome e una vita alle migliaia di vittime della guerra in Jugoslavia. Uno per uno. A costo di scavare fino al centro della terra. «Le ossa rivelano non solo l’identità di qualcuno ma come è stato ucciso, torturato o sepolto». Ma a lei non basta determinare l'età, l'altezza, il nome. Pur di restituire ai parenti delle vittime di Srebrenica qualcosa su cui piangere ha lavorato anche gratis. Ti spiega: «Ricordo una mamma, frugava in una fossa, stava quasi sprofondando. Aveva riconosciuto il pattino di suo figlio: voleva morire lì». Perchè Eva sa cosa vuol dire separarsi dai propri cari.

Nel 1981 quando nella sua Polonia fu dichiarata la legge marziale lei per caso si trovava in Austria. Decise di non tornare più e chiedere asilo politico all’Islanda. Il papà rimasto a Varsavia morì di crepacuore. Ritrovare gli affetti degli altri per Eva vuol dire ritrovare anche qualcosa di sé.

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