Ho un angelo custode. Sì, non ho le visioni e non ho preso nemmeno un colpo di caldo, anche perché qui in Bretagna prendiamo solo pioggia e vento, ma il mio angelo custode ha un nome e un cognome: Paolo Tiralongo. Dovete sapere che ogni capitano, ogni uomo di classifica, nei grandi appuntamenti, siano questi in corse in linea o in corse a tappe nelle corse a tappe questo stratagemma è certamente molto più usato ha un suo uomo-ombra, un uomo deputato a seguirti in tutto e per tutto. Mi direte: ma ieri ci hai parlato del «tutor» (queste figure presenti al Tour de France e che sono deputate a prendere in consegna il corridore che deve recarsi allantidoping fin dalla linea del traguardo fino al gabinetto medico), adesso ci parli dellangelo custode?
In questo Tour dei controllori e dei controllati, cè anche langelo custode. Paolo Tiralongo è molto diverso da me. Lui è del sud, io del nord; lui ha capelli e occhi scuri, io sono biondo con gli occhi chiari, ma entrambi ci assomigliamo moltissimo e le misure delle nostre biciclette, in pratica, sono quasi le stesse. Ecco perché tecnicamente è opportuno che lui mi segua come unombra, mi stia a fianco il più possibile. Se mi succede un guasto meccanico, lui è pronto a passarmi la sua bicicletta. Ieri la sua presenza è stata fondamentale. A poco meno di 3 chilometri dal traguardo mi sono arrotato con Matteo Carrara e ho spaccato i raggi della mia bicicletta. Sono caduto e mi sono rialzato velocissimamente. Non ho fatto a tempo a verificare che la mia bicicletta fosse inutilizzabile che Paolo mi aveva già passato la sua.
Sono arrivato sul traguardo con un minuto di distacco da Thor Hushovd e tutti i migliori.
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