Dan Peterson e le troppe nostalgie dell'ultimo samurai che non si «disonora» come i giovani colleghi disegnando arabeschi su lavagnette luminose per indicare ai giocatori una strada che non vedono in minuti di sospensione dove pochi ascoltano. Le antiche scale del Palalido sono il sentiero dove il Nano Ghiacciato cammina pensando ai giorni gloriosi dove l'Olimpia di D'Antoni, Meneghin, Premier, McAdoo costruiva i suoi successi. Ci ha pensato 24 anni e adesso è tornato ed è l'unico fra quelli dell'Armani di oggi che sa leggere ogni graffio sul muro della palestra secondaria, dello spogliatoio, il primo a sinistra scendendo nel cuore di un palazzo nato per il tennis, ma diventato casa del grande basket ai tempi di Rubini.
Lui, il Nonno che fa audience, annusa l'aria, sente che il tempo si è fermato, anche se già si lamenta di non vedere operai al lavoro perché a settembre avevano promesso che il nuovo Pala Armani, presentato proprio da lui, sarebbe stato rifatto in tempo per la prossima stagione. Ora si aspettano i permessi per cominciare a togliere il tetto, pensando all'astronave d'argento, dicono che nel prossimo mese di settembre sarà tutto pronto. Chi lo dice aveva promesso anche che gli operai sarebbero entrati già nell'ultimo settembre. Vedremo.
-Caro Peterson come ha trovato la vecchia casa dei suoi campioni?
«Come una bella donna che ha cambiato fisionomia per troppe rughe. Però è bellissimo lo stesso. Sono un nostalgico, sono affezionato al Palalido e sono felice che lo rimettano a nuovo perché il gruppo Armani collaborerà per questi lavori con l'assessorato allo sport e questo è importantissimo: 1° vuol dire che Armani resterà nel basket, 2° avremo un campo bellissimo. Insomma un lifting come usa adesso e sarà entusiasmante anche entrare nella nuova arena».
Non corra troppo, magari nella prossima arena , come si dice, sarà Ettore Messina ad allenare l'Olimpia.
«Può essere, ma io lo sento sempre mio, ho appena iniziato e già mi volete cacciare».
Appena iniziato sembra una espressione forte per uno di 75 anni.
«Diciamo che l'avventura è nuova, io sono partito per arrivare in alto. Il Palalido è come il mio stadio di baseball a Chicago che fra 3 anni festeggerà il centenario. Al Wrigley Field( il mitico campo nato nel 1914 appartiene al magnate della gomma da masticare), il campo dei famosi Cubs che mi fanno sempre impazzire perché li amo alla follia, ho passato la mia gioventù sportiva e il Palalido è la stessa cosa perché qui ho vissuto la parte più importante della mia carriera fino al 1987. Sono felice di risalire queste scale, di allenare, di scoprire cose nuove».
A Treviso è arrivata la prima sconfitta. Finita la polvere magica? Cosa è successo?
«Succede quando inserisci giocatori nuovi, anche Siena ha avuto dei problemi con giocatori da inserire in un meccanismo perfetto. Non sono sorpreso di trovare un basket più difficile: difese aggressive, più atleticità, dinamismo. Una volta col primo passaggio trovavi uno libero a 6 metri dal canestro, adesso devi partire più da lontano. Sono tutti ben allenati, ma non dobbiamo preoccuparci. L'obiettivo è diventare bravi come Siena che non ha più talento di noi, ma soltanto automatismi migliori. La sconfitta è già archiviata, bastava fare un passaggio in più in ogni azione e saremmo usciti dalla trappola».
A Torino, venerdì in coppa Italia, sarete pronti?
«Prima pensiamo al mezzogiorno di domenica contro Biella, poi alla coppa, ma io non guardo alla finale, c'è Avellino caricatissima da battere e poi vedremo. Ci serve una luce che con i nuovi Greered Eze non vediamo ancora. Attenzione non sono scuse. Quando perdi rifletti e noi lo abbiamo fatto»
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