Ariela Piattelli
Primo Levi scrisse Se questo è un uomo tra il 45 e il 47, subito dopo la guerra, appena tornato dallesperienza del lager. Quel libro rappresentò unassoluta novità, in unepoca in cui i testimoni della Shoah ancora non riuscivano a esprimere linesprimibile. Oggi Se questo è un uomo è considerato un capolavoro. Fino al 26 febbraio la versione teatrale del romanzo di Levi è in scena al Ghione, per la regia di Franco Però, con Nello Mascia che interpreta il narratore-Levi.
«Questo è il teatro che chiamo civile- spiega il regista -. È rinato linteresse, la sensibilità verso certi argomenti: il razzismo, lantisemitismo sono problemi attuali. Non cè unistanza realistica nello spettacolo: il testo originale, messo in scena negli anni Sessanta e sul quale ho lavorato, prevedeva ben cinquanta personaggi. Noi abbiamo pochi attori che rivivono alcuni tra i momenti più drammatici del libro evocati dal protagonista. Per raccontare realisticamente una tragedia così immensa nulla è sufficiente. Il libro, uscito subito dopo la guerra, rappresentava una novità: oggi abbiamo alle spalle molti libri, testimonianze, documentari e film sulla Shoah, quindi dovevamo ripensare a Se questo è un uomo in una chiave contemporanea. Per questo abbiamo scelto di dare suggestioni attraverso le parole, uscendo da unistanza puramente realistica».
Una vicenda narrata nel libro, riportata da Però nello spettacolo, racconta di Primo Levi e del suo compagno di sventura Pikolo che evocano il mondo fuori dal lager; per insegnare litaliano al suo amico Levi sceglie «il canto dUlisse» della Divina Commedia: «Considerate la vostra semenza: / Fatti non foste a viver come bruti, / Ma per seguir virtute e conoscenza». Sono questi i versi che riportano i due prigionieri nelluniverso dellumana specie.
«La scena è legata ad uno squarcio di speranza nellinferno - spiega Però -. Quando Levi pensa ai versi di Dante, alla cultura, si riappropria in un certo senso delle sue qualità di uomo». Anche lattore Nello Mascia condivide questo pensiero: «La scena del Canto di Ulisse rappresenta il momento più alto e drammatico del testo e dello spettacolo: il ricordo della Divina Commedia è per Levi un disperato atto per esserci, per esistere come uomo».
Uno spettacolo quindi con una forte carica simbolica, che evoca attraverso le parole il dramma di unumanità ridotta dai carnefici in uno stato di animalità, ma da cui si leva una voce per ricordare a sé e agli altri che si è uomini.
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