Dante e Manzoni a portata di clic nella biblioteca universale on line

da Roma

Potrebbe essere un’occasione per curare i mali del web, che ci sono e non sono pochi: la dispersione e non gerarchizzazione delle informazioni tanto per citarne un paio seri. L’accordo tra il ministero dei Beni culturali e i dirigenti del motore di ricerca più cliccato del mondo, Google, è un passo avanti per migliorare i contenuti della rete, oltre che per rendere fruibile il patrimonio librario italiano. La sostanza è questa: il ministero e Google avvieranno la digitalizzazione di un milione di libri non coperti da copyright, provenienti innanzitutto dalle due maggiori biblioteche italiane, la Nazionale di Roma e quella di Firenze, ma seguiranno altre, tra cui Venezia e Napoli. Libri che vanno dal XVIII al XIX secolo: opere scientifiche come quelle di Galileo, Giambattista Vico e dei filosofi illuministi, opere illustrate e litografate, Le mie prigioni di Pellico e I promessi sposi di Manzoni in edizione d'epoca, erbari e farmacopee del XIX secolo, testi rari di enogastronomia, edizioni della Commedia dantesca. Saranno disponibli gratuitamente, per sempre. L’accordo, che ha richiesto diversi mesi di preparazione, è stato presentato ieri mattina al ministero dei Beni culturali da Sandro Bondi, Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione dei beni culturali insieme con Nikesh Arora, megaboss di vendite e sviluppo di Google.
Un milione di libri da catalogare in due anni, per un costo complessivo di cento milioni di euro, interamente coperto da Google. L'iniziativa darà lavoro a cento ragazzi qualificati, probabilmente a Roma. Arora ha tenuto a precisare che tempi e costi sono indicativi, che certamente si completerà il lavoro prima dei termini previsti e con un costo minore, anche se qualche dubbio almeno per i tempi resta: trasferire i libri dal cartaceo in digitale può essere una operazione complessa, specialmente in caso di esemplari rari che non possono essere spostati. I libri saranno visibili su Google Books man mano che verranno scansionati: si cominceranno a vedere i risultati in pochissimo tempo, a quanto pare. E sui testi inseriti in Google sarà possibile cercare parole specifiche, per la gioia degli studiosi che potranno vedere, per esempio, come e quanto ricorre la parola «Provvidenza» in Manzoni.
Finora Google ha preso accordi con altre otto grandi biblioteche fuori dagli Usa, tra cui Oxford e Losanna. L’intento è stato spiegato da Arora con parole esaltanti o terrorizzanti a seconda dei punti di vista: «organizzare l’informazione del mondo». Ma anche contrastare la troppa presenza anglosassone in rete, da qui l’idea di aprire a libri di altre culture: finora Google Books ne contiene circa dodici milioni in un centinaio di lingue. Il ministro Bondi nel presentare l’accordo ha evocato l’immagine borgesiana della biblioteca universale, un luogo che contenga tutta la cultura del mondo, e ha voluto rimarcare che la rete non è il luogo del controllo delle coscienze, ma quello della libertà assoluta.
Insomma, le possiblità che l’accordo apre sono molto ampie ma ci sono alcuni punti da precisare e chiarire. Innanzitutto il rapporto con le case editrici per i libri coperti da copyright. Anche se Arora indica 30.000 case editrici che collaborano all’idea di Google Books, è chiaro che gli editori non gradiscono la digitalizzazione dei libri, e gli scontri su quelli resi disponibili in rete ci sono stati e continueranno. Punto secondo: c’è una fetta importante del contenuto delle biblioteche che ancora non è fruibile, si tratta dei libri antichi, gli incunaboli, i manoscritti. Al momento su questi libri manca un progetto specifico di diffusione in rete.

Per ultimo, il grande interrogativo, magari malfidato ma inevitabile: come guadagnerà Google su questa iniziativa? Arora ha garantito che non saranno inserite pubblicità nei libri su internet, altri dirigenti hanno assicurato che la politica è quella di andare avanti offrendo servizi, e alla fine il traffico generato da questi finirà per fornire un ritorno finanziario. In breve: il passo avanti c’è stato, l’occasione c’è. Ma è ancora presto per dire se il sogno di Borges si potrà avverare.

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