I teologi, tirerebbero in ballo la legge di Dio che è superiore a quella degli uomini. I giuristi dotti, non potrebbero evitare i riferimenti al diritto naturale e un dibattito altissimo con citazioni à gogo di Hans Kelsen e Carl Schmitt. I nostri nonni, più prosaicamente, si appellerebbero al buonsenso. E, come sempre, avrebbero ragione.
Perché la storia di Daria, studentessa ucraina clandestina che - nonostante sia la prima della classe, nonostante si faccia in quattro per lavorare e studiare e nonostante abbia due genitori perbene che lavorano, benché clandestini - ha temuto di non poter sostenere l'esame di maturità perché non ha il codice fiscale proprio in quanto clandestina, è la storia della superiorità dei cavilli sulla logica, della burocrazia sull'umanità, dei codici alfanumerici sulle loro traduzioni in carne e ossa. E, fra i codici alfanumerici e l'uomo, noi scegliamo sempre e comunque l'uomo.
La vicenda - scoperta dal quotidiano campano Il Mattino - avviene in centro di Napoli, al liceo linguistico Margherita di Savoia, dove Daria frequenta la quinta con ottimi risultati. È da quando è arrivata in Italia, tre anni fa, che va a scuola lì, in maniera assolutamente regolare, con tutti i crismi di legge, con stelloni repubblicani, articoli dei Dpr, commi e sottocommi al posto giusto, come previsto dalla legge italiana. Le vogliono bene tutti: i compagni di classe, il preside, i professori. Se vogliamo dirla tutta, il suo difetto è di essere un po' secchiona: parla sei lingue, va bene in tutte le materie.
E poi, come un personaggio del libro «Cuore» di quelli troppo rari nella scuola italiana di oggi, è brava pure fuori. E aiuta i suoi genitori in ogni modo possibile: lava le scale dei palazzi, fa le pulizie nelle case, tiene i bimbi come baby sitter e gli anziani come badante, oltre naturalmente a studiare.
Tutti lavori in nero, certo, che le impediscono di uscire dalla definizione di «clandestina», così come pure alla sua mamma colf e al suo papà saldatore. Ma tutti lavori. In cui l'essere «clandestini» è più una conseguenza del sistema fiscale italiano, della consuetudine, della comodità di non regolarizzare le posizioni - anche da parte dei datori di lavoro, quasi un'autodifesa dalle troppe norme - piuttosto che un vero tentativo di violare la legge, un assalto alla diligenza della permissiva Italia, un refugium peccatorum nel Paese che fino a pochi mesi fa era il più lassista d'Europa nei confronti dell'immigrazione incontrollata.
Eppure, solo ieri, Daria la studentessa modello, Daria che studia in una scuola italiana in nome di una legge tuttora vigente, ha avuto dal ministero la certezza di poter sostenere l'esame di maturità. Lequivoco era nato da unerrata interpretazione di una recente circolare del ministero della Pubblica istruzione che sembrava impone «l'obbligo» per tutti i maturandi di presentare il proprio codice fiscale. Il caso, raccontato dal Mattino di Napoli, ha fatto discutere. È giusto? Non è giusto? Poi il ministero lo ha chiuso, dicendo che non serve il codice fiscale. Daria, clandestina, può fare lesame. Il Giornale non ha mai nascosto la sua posizione sui clandestini, ma pensa che Daria sia un caso diverso. Daria non solo può fare lesame, ma deve fare anche luniversità. È quello che lei sogna. Insomma, Daria ha dimostrato di meritarsi il permesso di soggiorno per meriti scolastici.
Il problema non è di gerarchia delle fonti, roba da nota a margine del testo di diritto pubblico o da domanda carogna di un esame di Scienze Politiche, magari quello stesso esame che Daria sogna di sostenere l'anno prossimo, «dopo la maturità».
Il problema è che si può essere assolutamente favorevoli - come siamo - al giro di vite sui clandestini. Si può tranquillamente dire - come diciamo - che l'Italia non può e non deve essere il Bengodi di ogni delinquente di ogni Paese comunitario ed extracomunitario, anche a costo di essere tacciati di razzismo. Si può tranquillamente pensare - come pensiamo - che le campagne dei salotti snob contro i respingimenti in mare o contro i centri di permanenza temporanea prima dell'espulsione, sono idee che si possono permettere i radical-chic, quelli che vivono nei quartieri in, quelli che non devono confrontarsi ogni giorno con l'immigrazione selvaggia e con la mancanza di regole.
Ma non si può mai abdicare all'umanità e soprattutto alla logica. Che ha consigliato, anzi ha imposto, di iscrivere Daria all'esame di maturità.
Se non fosse stato così, a non essere maturi, saremmo stati solo noi. Daria lo è già.
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