Dario Fo: «Voglio battere Ferrante alle primarie»

Il Nobel: «E se perdo resto a disposizione»

Gianandrea Zagato

Corre per vincere le primarie: Dario Fo vuole sconfiggere il candidato ufficiale del centrosinistra, l’ex prefetto Bruno Ferrante. E dalla sua, dice, ci sono pure i sondaggi «all’inizio della campagna avevo il trenta per cento. Adesso? Di più, so che le intenzioni di voto per me sono in netta crescita». E avverte che, lui, se non vince non ha alcuna intenzione di correre da solo è comunque è «a disposizione, dopo le primarie» se, naturalmente, «non mi dicono di farmi da parte e mi cacciano via».
Opzione che il Nobel accompagna con l’ennesima critica all’assenza di confronto con Ferrante, «non lo vedo mai e non è mai stato possibile non dico un confronto ma un dialogo e neppure scambiarsi un “buongiorno”, “buonasera”. Niente di niente». Non si stupisce però: «Io in questi mesi ho imparato dai tassisti, dagli scienziati e dagli ambulanti. Ho conosciuto meglio Milano e su temi come il traffico sono persino andato a “lezione” da Ken Livingston, il sindaco di Londra. Questione di umiltà? Io non so davvero cosa pensi e voglia Ferrante». Annotazione condivisa da quanti disperatamente cercano i punti programmatici per il governo di Milano navigando sul sito elettorale dell’ex prefetto: on line non c’è niente di niente se non quella dichiarazione sottoscritta da Ds e Margherita sul «pieno sostegno a Ferrante» ristabilito lunedì con un vertice di centoventi minuti.
Fo preferisce non commentare, anche se non gli sfugge che nessun dirigente dell’Unione ha sottoscritto «ufficialmente» quel virgolettato al Velino firmato da Augusto Rocchi, segretario Prc: «Che in caso di vittoria alle primarie, Fo, abbia il sostegno di tutto il centrosinistra in qualità di candidato unico per la sfida di Palazzo Marino». Nessuna «esplicita e ufficiale dichiarazione» come invece richiesto, se non l’ennesima uscita pubblica di Franco Mirabelli, segretario provinciale Ds, per fare quadrato attorno a Ferrante. Che è prova di un malessere interno al centrosinistra a cui dà il suo contributo persino il presidente della Provincia, Filippo Penati, quando all’indomani dell’incontro col candidato del centrodestra riconosce «la discontinuità di Letizia Moratti rispetto alla giunta Albertini». Affermazione che va di pari passo con quelle continue sottolineature che, lui, Penati, ovviamente «tifa per Ferrante».
Troppo, davvero troppo per i vertici meneghini della Quercia già alle prese con le ricadute dell’affaire Unipol oltreché con la voglia della Margherita di presentarsi insieme alle prossime comunali. Quadretto che toglie consensi all’ex prefetto «mentre io continuo a crescere nelle intenzioni di voto» dice Fo alle prove delle spettacolo che il 21 gennaio al Mazdapalace chiuderà la sua campagna elettorale per le primarie.
Recital dove, il Nobel, sulle note di «Tutta brava gente» - che risale ai primi anni Settanta - intratterrà il pubblico facendogli notare come «sia curioso che gli scandali di quarant’anni fa assomiglino a quelli di oggi». Affabulazione sulla questione morale e questione politica che, il 21 gennaio, vedrà insieme a Fo anche il sindaco di Londra, Enzo Jannacci e Beppe Grillo.

Tutti insieme per «Fo sindaco» che «senza suggeritori interessati come Albertini e il Giornale» promette nel «modo migliore» di fare «tutto quello che occorre per sconfiggere il centrodestra e cambiare questa città». Anche senza Ferrante che «non ha l’umiltà di ascoltare Milano».

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