Il «day-after» tra bilanci e polemiche

Alessia Marani

Il day-after è quello dei bilanci, delle polemiche e delle lacrime di coccodrillo. Restano gravi, ma non disperate, le condizioni della giapponese ricoverata all’ospedale San Giovanni. «Ha un trauma toracico, fratture costali multiple e al bacino, lesioni alle braccia e alle gambre, ma contiamo di salvarla», dicono i sanitari. Per ora è in coma farmacologico. Altre sette persone, quattro nel reparto di ortopedia, ne avranno da una settimana ai venti giorni; una paziente è stata trasferita al centro di rianimazione del Fatebenefratelli per una frattura mandibolare e la rottura di una vertebra cervicale e varie ferite al volto. In prognosi riservata resta anche il ferito ricoverato al Policlinico Umberto I.
Intanto, ieri, intorno alle 7.30, ha ripreso a funzionare il servizio metro sulla linea A. Con navette sostitutive nella tratta Termini-San Giovanni, visto che la stazione di Piazza Vittorio, luogo del disastro, riaprirà solamente oggi. «Sono salito sul treno col cuore in gola - racconta Franco, 32 anni, ingegnere elettronico -. Lavoro in centro e non posso farne a meno. Ma passando nel tratto “maledetto”, ho pensato che quello che è successo ieri (martedì, ndr) poteva capitare a me come a tanti altri. Da brividi». Il pubblico ministero Elisabetta Ceniccola, ieri, ha formalmente iscritto Angelo Tomei, il macchinista del convoglio che ha tamponato l’altro mezzo fermo in banchina, nel registro degli indagati per i reati di disastro colposo, omicidio colposo e lesioni gravissime. Ieri Tomei, che ha lasciato il Policlinico Casilino dopo appena una nottata passata in osservazione, è stato di nuovo ascoltato dal pm in Procura. Dopo di lui, la Ceniccola ha voluto prendere a verbale come persone informate sui fatti anche il macchinista del secondo treno - ferito lieve - e il funzionario della Direzione centrale del traffico della Garbatella che al momento dell’incidente si trovava a gestire la movimentazione dei treni e a tenere i collegamenti radio con il conducente in cabina. Sott’accusa il cosiddetto «rosso permissivo», ossia la consuetudine dei macchinisti a far avanzare il convoglio nonostante il segnale della tratta successiva di percorso segnali, appunto, lo stop. Caso in cui, abbassando la velocità a 15 chilometri orari, si procede «a vista». Un procedura standard, come spiega anche Alberto Toscano, docente di Sistemi complessi e mobilità, Metropolitana sostenibile all’Università di Roma Tre, «che se non fosse adottata verrebbe ridotta di molto l’attività (la frequenza, ndr). Per questo si dà l’autorizzazione ad avvicinarsi alla stazione con l’obbligo di frenare in caso vi sia un altro treno». E col «rosso permissivo» sarebbe passato pure Tomei, avuto l’ok dal Dct. Davanti al pm ha parlato anche Guido Parisi, comandante dei vigili del fuoco di Roma, mentre è stato dato mandato a tecnici e ingegneri specializzati di analizzare il contenuto della scatola nera, contentente le registrazioni di bordo. I periti, inoltre, dovranno accertare se sul convoglio sia entrato in funzione il sistema frenante.
Le associazioni dei consumatori Adiconsum e Assoutenti si sono costituite parte civile: «Ogni utente rimasto coinvolto può chiedere i danni materiali e morali al Comune». L’Adoc ha chiesto le dimissioni del presidente Met.Ro., Stefano Bianchi. Oggi alle 16 in Campidoglio si terrà un consiglio straordinario sull’accaduto.

Mentre non si placano le polemiche sulla gestione del servizio pubblico cittadino: «Veltroni pensi anche alle infrastrutture e non solo alla festa del cinema», ha affondato Maurizio Gasparri (An). Domani alle 15, a Pontecorvo, si svolgeranno i funerali di Alessandra Lisi, la ricercatrice di 30 anni, rimasta uccisa tra le lamiere. Nella Capitale sarà lutto cittadino.

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