Roma

Day hospital, ora la Regione fa dietrofront

Un pool di esperti dell’Asp monitorerà l’«appropriatezza clinica» delle attività

Antonella Aldrighetti

Cambiano, in corso d’opera, le regole sull’appropriatezza delle cure sanitarie e avanza la politica della ristrettezza sull’offerta ospedaliera. Dalle misure di razionalizzazione già adottate su farmaceutica, specialistica e diagnostica si passa ai controlli serrati che investiranno, oltre ai ricoveri ospedalieri, anche quelli in day hospital e i trattamenti per la riabilitazione motoria. Vale a dire che la giunta regionale, dopo aver osannato le terapie ambulatoriali diurne piuttosto che il regime di degenza consueto e, dopo aver inoltrato alle direzioni generali di Asl e ospedali indirizzi in merito, ci ripensa. E così alza il tiro dei controlli estendendo riscontri e verifiche a tutte quelle attività che verrebbero svolte in day hospital. Una scelta che però sembra un’incongruenza visto che gli ulivisti, a marzo scorso, avevano puntato soprattutto a promuovere quei trattamenti ambulatoriali che differentemente avrebbero ingolfato le corsie e i reparti del pronto soccorso.
Ma i presupposti, adesso, sono cambiati. Mentre lo scopo di questa nuova azione politica del rigore che la Giunta di Piero Marrazzo ha dunque deciso di adottare è quello di produrre - così com’è scritto nero su bianco nell’atto appena licenziato - un risparmio netto di 300 milioni di euro in tre anni. Secondo la maggioranza ulivista infatti ammonterebbe a circa 100 milioni la cifra che l’ente territoriale andrebbe a impegnare annualmente per sovvenzionare quella «sanità impropria» sulla quale starebbero «giobbando» sia i medici che i pazienti. Vista però l’entità della spesa risulta singolare recuperare un gran numero di cittadini in buona salute che acconsentano a trattamenti sanitari prolungati. Sarà. Ma la giunta regionale non sembra pensarla allo stesso modo giacché ha già investito l’Agenzia di sanità pubblica (Asp) del monitoraggio di tutti i ricoveri inferiori agli otto giorni a partire dal primo gennaio scorso. Quello che si chiama «potenziamento dei controlli» e che è stato sciorinato in sei pagine dense di annotazioni ha pure, come secondo scopo, il sanzionamento di quelle strutture sanitarie che verranno ritenute colpevoli di ricoveri impropri. Il compito di valutare l’appropriatezza clinica su Asl, aziende ospedaliere, Irccs, policlinici universitari, ma pure sull’Ospedale Bambino Gesù, verrà affidato a un pool di esperti.
Già, si tratterà di personale «medico qualificato in grado di analizzare una per una le cartelle cliniche». Cioè i tecnici dell’Asp dovrebbero mettere il naso sul cento per cento dei trattamenti in regime di ricovero ordinario e di day hospital, ma pure su tutti i referti relativi alle dimissioni dei pazienti. E se l’Asp, dopo un esame attento, appurerà che vi sono stati ricoveri o trattamenti incongrui, «potrà adottare anche la sanzione prevista», che comunque si concretizzerà a danno della struttura sanitaria dopo quel contenzioso di rito che consentirà alle parti di dire la propria. Tuttavia rimarrà alla Regione l’ultima parola per stabilire sia la congruità sia la relativa remunerazione della prestazione. Quasi a voler dire che per una prestazione non appropriata la Regione potrebbe addirittura rifiutarsi di versare la quota, la cosiddetta «drg».

Viene da dire che con questa nuova formula di controllo l’accesso alla sanità pubblica verrà sempre di più ristretto alle emergenze mentre i trattamenti cosiddetti «di elezione», ossia quelli a chiamata, potrebbero essere considerati come extra e non sempre soggetti, secondo le congetture della giunta Marrazzo, all’appropriatezza clinica.

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