Roma - Il ddl della maggioranza sulle intercettazioni "distrugge" questo strumento investigativo. Nuovo attacco del vicepresidente del Csm Nicola Mancino nel corso del dibattito sul parere del Csm sul provvedimento: "Eccessivo il carcere per i giornalisti". Così il plenum del Csm ha bocciato del ddl sulle intercettazioni.
La bocciatura del Csm Con il solo voto contrario dei laici del Pdl e due astensioni, il plenum del Csm ha approvato il parere della Sesta commissione, che è una sostanziale bocciatura del ddl sulle intercettazioni.
La spaccatura nel Csm I due astenuti sono il laico dell’Udc Ugo Bergamo e il togato di Magistratura indipendente Giulio Romano; mentre tra i favorevoli ci sono, oltre a tutti gli altri componenti togati e ai laici del centrosinistra, anche il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, il primo presidente, Carbone e il procuratore generale della Cassazione, Esposito. Il parere è "antigovernativo e corporativo" e il Csm "si atteggia a Terza Camera", hanno sostenuto Gianfranco Anedda (An) e Michele Saponara (Fi). Il Consiglio superiore, hanno accusato, "vuole coprire l’incapacità dei Pm, consentire abusi nelle intercettazioni e attuare un regime in cui un cittadino qualunque possa essere intercettato alla cieca"; un regime rispetto al quale "l’Inquisizione era più garantista". "Tanti abusi che riguardano le intercettazioni io non li ho vist" ha replicato dal fronte dei togati Dino Petralia (Movimento per la giustizia), per il quale la verità è che si vogliono "amputare le braccia a uno strumento che si è rivelato vincente" e che la nuova disciplina, oltre a mettere "in seria crisi l’attività inquirente, produrrà un forte vulnus alla cattura dei latitanti". "Sarà certamente più difficile accertare reati molto gravi e questo nel nostro Paese proprio non possiamo permettercelo" ha sostenuto a sua volta Antonio Patrono (Magistratura indipendente). Il pericolo, per il laico del Pd Vincenzo Siniscalchi, è che" si cancelli l’istituto intero delle intercettazioni", sacrificando "uno strumento indispensabile", come ha rilevato Elisabetta Cesqui (Magistratura democratica), che ha parlato di norme animate da "diffidenza nei confronti di giudici e pubblici ministeri". In tanti hanno respinto l’accusa che il Csm sia una Terza Camera, difendendo la possibilità che il Csm ha di dare suoi pareri su provvedimenti legislativi, anche d’ufficio. A cominciare dallo stesso Mancino, che ha ribadito come sia "sbagliato ritenere che andiamo oltre le competenze che ci sono assegnate dalla legge".
L'attacco alla riforma Il numero due di Palazzo dei Marescialli ha osservato che "il Csm ha fatto un buon lavoro ed è sbagliato pensare che andiamo oltre alle competenze che la legge ci assegna". Secondo Mancino, la norma contenuta nel disegno di legge sulle intercettazioni in base alla quale per autorizzarle c’è bisogno di gravi indizi di colpevolezza "distrugge la possibilità di intercettare, limita fortemente lo strumento". Nel mirino di Mancino c’è soprattutto la norma che autorizza le intercettazioni solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza. "Tutto questo distrugge la stessa possibilità delle intercettazioni - ha detto - la limita fortemente".
In difesa dei giornalisti "Eccessiva la sanzione penale" prevista per i giornalisti dal ddl sulle intercettazioni per la pubblicazione di atti di procedimenti. "La sanzione penale per i giornalisti è eccessiva e unilaterale ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione", quello sulla libertà di stampa, ha detto Mancino. "Il venir meno del segreto - si è poi chiesto il vicepresidente del Csm - è opera unilaterale del giornalista o c’è qualcuno che ha concorso nella consumazione del reato con lui?".
Le
osservazioni dei consiglieri Determinerà "un grave
pregiudizio" per le indagini "anche in settori
particolarmente delicati e sensibili" la nuova disciplina sulle
intercettazioni. E di fatto porterà all'"impossibilità" di
investigare "proficuamente" pure su reati "gravissimi",
dall’omicidio alla violenza sessuale, e di "individuarne i
responsabili". Mentre le norme sulla pubblicazione di
intercettazioni e atti di indagine contrastano con il principio
costituzionale della libertà di stampa. Questa la critica di
fondo che il Csm rivolge al ddl.
GRAVI INDIZI DI COLPEVOLEZZA: le intercettazioni saranno
consentite solo se vi siano gravi indizi su un determinato
soggetto. "Le intercettazioni non si dovrebbero più effettuare
- avverte il Csm - per scoprire gli autori di omicidi, violenze
sessuali, rapine o altri reati gravissimi, per i quali il fatto
sia immediatamente noto, mentre assolutamente ignoto ne sia
l’autore. Il ritrovamento di un cadavere e l’evidenza che si
tratta di una persona uccisa non sarebbero più sufficienti per
autorizzare le intercettazioni, essendo necessario anche aver
già individuato il possibile autore".
INTERCETTAZIONI AMBIENTALI: sono possibili solo se vi sia
fondato motivo di ritenere che in un determinato luogo si stia
svolgendo l’attività criminosa. "Si tratta di una stretta che
elimina con un tratto la quasi totalità delle intercettazioni
ambientali".
TABULATI TELEFONICI: si estende ai tabulati la disciplina sulle
intercettazioni. Secondo il Csm le nuove "limitazioni non
incidono solo sulla possibilità dello Stato di esercitare la
propria pretesa punitiva, ma anche sulla possibilità del
cittadino imputato di esercitare il proprio diritto di difesa".
RIPRESE VISIVE: anche le riprese di immagini acquisite in luoghi
non privati o pubblici (il portone di un condominio)vengono
sottoposte al regime delle intercettazioni. Con effetti
paradossali secondo il Csm: "sebbene la polizia giudiziaria
possa appostarsi per strada ad osservare un portone per
verificare chi vi si rechi, non potrebbe predisporre un apparato
di ripresa se non quando si proceda per i delitti di cui al 'catalogo' e sempre che sussistano i gravi indizi".
DURATA: la massima è di 30 giorni prorogabili di altri 30. "La
fissazione di termini così limitati non corrisponde alla
realtà e pone gli uffici di procura e le forze di polizia nella
evidente difficoltà di svolgere seriamente il loro lavoro".
AUTORIZZAZIONE: il potere di autorizzare le intercettazioni
sarà concentrato nei tribunali distrettuali e a decidere sarà
un collegio.In quelli di minori dimensioni questa nuova
disciplina determinerà "il pericoloso approssimarsi di quel
limite di saturazione oltre il quale si verifica la materiale
impossibilità di celebrare i processi". Negli altri il "sicuro maggiore aggravio dei carichi di lavoro", "rallenterà ulteriormente i tempi" dei processi.
PROCEDIMENTI CONTRO IGNOTI: per qualsiasi procedimento di questo
tipo (ad esempio un omicidio) si potrà procedere alle
intercettazioni solo su richiesta della persona offesa. Ciò "in
molti casi" si tradurrà "nell’impossibilità di svolgere
proficuamente le indagini per numerosi reati, anche gravi, in
cui siano inizialmente ignoti gli autori del fatto".
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E TERRORISMO: anche a questi reati si
applica la regola sulle intercettazioni ambientali. Eppure "l’esperienza investigativa degli ultimi anni -segnala il Csm-
ha dimostrato che una tale limitazione avrebbe rappresentato un
grave ostacolo alle indagini relative ai più gravi fatti di
mafia o di terrorismo".
PUBBLICAZIONE: il divieto di pubblicazione degli atti di un
procedimento viene esteso alla conclusione delle indagini
preliminari anche quando sia venuto meno il segreto
istruttorio. Secondo il Csm "c’e un’evidente compressione dei
valori riconducibili all’articolo 21 della Costituzione".
SOSTITUZIONE DEL PM: è prevista quando il pm è indagato per rivelazione di segreti su un procedimento di cui si sta occupando. Così "attraverso denunce pretestuose si consente alle parti private di incidere sulla designazione del pm incaricato delle indagini".
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