Due accoltellamenti in 48 ore fra comunità straniere. «Chiedo che il ministro Maroni rivolga particolare attenzione a questi due omicidi, per individuare strumenti in grado di frenare l’emergenza clandestini». È allarmato il vicesindaco Riccardo De Corato dopo gli ultimi fatti di cronaca: l’assassinio in pieno giorno di un cinese nel quartiere di Paolo Sarpi e ieri mattina, la rissa tra nordafricani all’uscita del locale Sharm el Sheikh in via Lombroso, dove ad essere ferito a morte da un connazionale, è stato un marocchino di 32 anni. Perché ci stiamo abituando ad una normalità «drammatica». «È evidente che all’interno di queste comunità la situazione ormai è fuori controllo e che per futili motivi, tirano fuori i coltelli. Sono fatti che creano allarme, lasciano ancor più forte nei cittadini un senso di insicurezza». Non si contano più le risse tra stranieri, il boom di arrivi di immigrati in città e i 40mila clandestini presenti gravano pesantemente sulla sicurezza, aggiunge il vicesindaco. Che dal 5 marzo scorso ha affidato alle associazioni City Angels, Blue Berets e all’Associazione Poliziotti italiani la sorveglianza di alcune discoteche più a rischio. Sabato sera il Sharm el Sheikh non era però tra quelle presidiate ogni weekend. «Ne scegliamo due o tre per settimana. Anche se quando ci sono i coltelli è comunque difficile intervenire», ammette De Corato.
«La rissa di ieri mattina è avvenuta in un luogo noto per avere un sottobosco di criminalità - spiega Basilio Rizzo, capogruppo in consiglio comunale della lista Fo -. Sono regolamenti di conti fra persone che vivono ai confini della legalità e testimoniano che la città vive alla presenza di una criminalità che tra italiani forse non ha più questa forma». Non solo, i due omicidi sono anche il segno che le misure adottate per la sicurezza non hanno dato risultati positivi. «È sbagliato l’approccio agli interventi, si dà priorità alla facciata quando ci sarebbe bisogno di agire con un lavoro di infiltrazione con le forze dell’ordine, per riuscire a prevenire il crimine». Indagando, insieme all’illegalità, anche le situazioni sociali in cui vivono gli immigrati.
«Sono gesti drammatici che non hanno un’etnia di appartenenza - precisa Don Colmegna -. Oltre al problema degli stranieri, va rilanciato anche quello dell’abuso di droghe e alcol». Vivere in situazioni di degrado certamente facilita il crimine, non riguarda però solo gli immigrati. «C’è bisogno di ordine pubblico, ma ancora di più di investire in termini di prevenzione». Guai se proprio loro della Casa della Carità, perdessero la speranza che queste situazioni possano essere recuperate.
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