Gianandrea Zagato
«Più che manodopera importiamo criminalità». Lo dice Filippo Penati. Valutazione che il presidente della Provincia dà grazie ai dati forniti dalla Prefettura e alla fotografia fatta da Palazzo Marino sullinsostenibilità dei campi nomadi. Constatazione che lo spinge a riflettere sulla Bossi-Fini, «i clandestini, in Francia, vengono rispediti a casa in quattordici giorni contro i sessanta previsti in Italia», e a reclamare un nuovo accordo con la Romania, «perché, con le frontiere aperte, gli espulsi possono ritornare nel nostro Paese».
Virgolettati che testimoniano come la sinistra abbia scoperto il problema immigrati ma, allo stesso tempo, non sia in grado di dare lezioni perché, chiosa Riccardo De Corato, «non sa parlare il linguaggio della sicurezza». «Io non sono un tecnico» risponde, infatti, a denti stretti il presidente della Provincia che pure accusa il vicesindaco di «dire schiocchezze» quando chiede «più centri di permanenza temporanea» allombra della Madonnina. Polemica seguita dallinvito di Penati a fare «autocritica» che De Corato rispedisce al mittente, con tanto di ricerca della Caritas dove si parla di centomila clandestini a Milano, «come si fa a integrarli? con quali strutture? con quale programmazione?» si domanda il senatore di Alleanza nazionale. Come dire: «Milano non può fare una seria politica di integrazione senza una seria politica di esplusione». Processi che vanno di pari passo, ma questo Penati, «io non sono un tecnico», non lo sa. E, quindi, preferisce nascondere una parte del problema, quella dedicata alla realizzazione dei campi nomadi: «Non possiamo imporre niente. La Provincia può avere un ruolo di coordinamento sulla distribuzione dei campi nomadi ma solo se gli si riconosce unautorevolezza che, il comune più grosso, Milano, gli nega. E, quindi, perché gli altri Comuni dovrebbero riconoscergliela?».
Domandina di chi vuol evitare il confronto con le amministrazioni della Provincia - anche quelle governate dal centrosinistra - e, oggi, al tavolo della Prefettura, presenta sei aree «tutte in Provincia». Peccato che tre delle sei aree, fa sapere lassessore provinciale Francesca Corso, siano sul territorio di Milano.
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