Ciriaco de Mita vuole candidarsi, Veltroni lo rifiuta perché il leader democristiano ha avuto undici mandati parlamentari ed è al Parlamento dal 1963. Non a caso immediatamente il leader avellinese apre la trattativa con Casini per rilanciare la vecchia Dc. Eppure l’immondizia napoletana è li a ricordare la gestione che sotto il governo di Bassolino, di cui De Mita è il principale fautore, ha inondato la Campania, lasciando mano libera alla camorra. E mostra come De Mita sia rimasto re della Campania e responsabile primo di tutti i suoi disastri. È lui che ha stabilito il principio di usare l’investimento pubblico del Sud come base di clientela politica, provocando la crisi del bilancio pubblico, quella che si manifesta ancora nel peso del nostro debito.
Il dramma del Mezzogiorno appare chiaro nel fatto che cambiano le repubbliche ma De Mita continua a regnare, anche se la spesa pubblica si è ridotta al punto che le istituzioni non fanno più politica ma solo clientela. Se vi è un simbolo della crisi politica italiana, questo è proprio Ciriaco De Mita. Perché il Pd lo abbandona ora, quando sa che con lui ha negoziato tutto il processo politico e che lui ha condotto i postdemocristiani del Pd? Forse che De Mita abbandona Bassolino, forse che esce dalla maggioranza campana e dalle altre istituzioni di cui i suoi uomini sono elemento determinante?
De Mita non è un caso personale, è il rappresentante del sistema dc del Mezzogiorno perché è il perfetto Gattopardo: occorre che tutto cambi perché De Mita rimanga come prima. De Mita non rompe il rapporto che gli ha permesso di continuare la sua signoria dopo la fine della Dc sul Sud, quindi non può rompere con il Pd, ma ha visto come una nuova occasione politica l’uscita dell’Udc dal Popolo della libertà. Si è spinto oltre e guarda verso la lista che porta lo scudo crociato e Casini presidente per rilanciare l’identità dc contro il Popolo della libertà.
Vi è nel mondo cattolico una certa tendenza a rilanciare il centrismo. Ritorna padre Bartolomeo Sorge su Aggiornamenti sociali a rilanciare il neocentrismo come un forza di rinnovamento. Il volto del neocentrismo sarebbe il ricomparire di De Mita come l’eterno presente della Democrazia cristiana da lui espressa. E ha determinato la figura del nuovo corso del Mezzogiorno, legato appunto alle clientele democristiane che hanno fatto un accordo con la sinistra e l’hanno coinvolta nel loro sistema.
Così verrà da Casini il messaggio: è rinata la Dc con De Mita che rappresenta la storia. Ma una storia da cui il Paese è uscito a caro prezzo e da cui sembra che Campania e Calabria, le regioni in cui è più forte la posizione di De Mita, non siano uscite affatto.
A chi giova questo apparente cambio di fronte di De Mita? Le clientele demitiane si sono integrate nel Pd da tempo, non abbandoneranno certo il potere, visto che De Mita vuole una sola cosa: conservare il suo controllo sulle istituzioni del Sud. E quindi rimarranno saldamente nel Partito democratico perché, dove è il loro potere, ivi è la loro patria. De Mita indossa la lista di Casini per nuocere al Popolo della libertà e per impedire il suo decollo nel Sud, per ridargli spazio in altre regioni d’Italia con il mito della continuità democristiana.
Il neocentrismo cattolico che è propugnato da Sorge ma è presente anche a livelli più importanti, ha il volto di De Mita. È questo il volto che il mondo cattolico vuole rappresentare davanti all’immondizia napoletana? Non vede il dramma del Sud in cui più potente si fa la 'ndrangheta che ora occupa anche Torino e che ha trovato nel clientelismo come forma della politica il suo spazio vitale? De Mita non lascia il Pd perché ciò che contribuisce all’indebolimento del Popolo della libertà giova al Pd.
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