Cultura e Spettacoli

De Niro: farò il killer come "In quei bravi ragazzi"

La star in Sicilia racconta che girerà con Scorsese una nuova storia di mafia e che prepara il seguito di "The Good Shepherd"

De Niro: farò il killer come "In quei bravi ragazzi"

Taorimina L’ovazione di un foltissimo pubblico ha accolto l’ingresso di Robert De Niro, arrivato al Palazzo dei congressi del Taormina Film Festival - (dove è stato premiato con il Taormina Art Award) - dopo la proiezione di Good Shepherd, sua seconda regia e titolo scelto per anticipare i temi della Master Class, in programma nella seconda giornata della manifestazione. Rilassato e sorridente, De Niro ha conversato con crescente partecipazione con la direttrice artistica Debora Young e il pubblico in sala che, in visibilio, ha intercalato le parole dell’attore con scroscianti applausi.

Per la quarta volta in Sicilia, De Niro spiega di aver scelto la sua seconda regia - storia sulla Cia dalle origini della seconda guerra mondiale fino al fallito sbarco di esuli anticastristi nella Baia dei Porci - proprio perché si tratta di un film con una sfumatura classica, uno stile che gli piace molto. «Sono sempre stato affascinato da storie sull’Intelligence inglese, israeliana e americana; l’idea è di realizzare altri due film, un sequel che completi la trilogia, e portare sullo schermo quel periodo di storia che va dal '61 alla caduta del Muro di Berlino, e dal Muro dell’89 ai nostri giorni». Alla domanda su cosa pensa del cinema e chi gli piace come attore e regista italiano De Niro risponde: «Da quando ho iniziato a fare cinema ci sono più film indipendenti, fuori corrente, che sembrano dei cartoni e io non sono adatto al genere. Del cinema italiano conosco poco, mi piace Fellini, Pontecorvo, Tornatore e Giovanni Veronesi di cui ho visto Manuale d’amore».

Attore, regista, produttore con la Tribeca Production, come sceglie i film che produce? «I film che facciamo sono molto diversi da quelli che faccio io, ma mi piacciono, l’importante è che abbiano buone sceneggiature e gli attori giusti». «Fare un film comunque è faticoso, fare Good Shepherd è stata una battaglia; bisogna trovare le storie giuste, il budget e poi almeno uno-due anni di lavorazione, la pre e post produzione e un impegno di almeno 24 ore al giorno. Come attore invece sei più libero, hai meno responsabilità e puoi dire che sei stanco e andare a fare una pausa».

Dopo una lunga carriera, a chi ha dato consigli e da chi li ha ricevuti? E le piacerebbe rivedere i suoi film? «Ho dato tanti consigli ai giovani attori e ricevuti altrettanti (da Kazan per esempio), ma anche dati io stesso a colleghi più vecchi di me. Per quanto riguarda i miei film, mi piacerebbe avere un mese di tempo e rivederli tutti.

Ho sempre nuovi progetti, due con Scorsese, uno dei quali ambizioso, da realizzare nei prossimi due anni in stile Quei bravi ragazzi, tratto da un libro intitolato Ho sentito che dipingi casa - con la sceneggiatura di Eric Roth, che racconta la storia di un personaggio che in punto di morte confessa di aver ucciso Jimmy Hoffa, il noto capo del sindacato camionisti ai tempi di Kennedy».

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