Decima Malafede: container al posto delle tende

Marcello Viaggio

Decine di grossi moduli abitativi posizionati in questi giorni dal Campidoglio nel nuovo campo nomadi creato a Decima Malafede. Si fa sul serio. Prefabbricati bianchi, listati di verde, con finestre, adatti ciascuno per 6-7 persone, destinati a sostituire gradualmente le tende blu della Protezione civile. Il tutto all’interno della più grande e preziosa riserva naturale del territorio romano. Quello che nelle dichiarazioni dei vertici del Campidoglio doveva essere un insediamento momentaneo, «al massimo per due mesi», si sta lentamente trasformando, lontano da occhi indiscreti, in un campo attrezzato.
A denunciare la vicenda e sparare a zero sul Campidoglio è anche il Wwf Lazio: «L’insediamento sarebbe dovuto servire solo come sosta temporanea, a detta dei responsabili del Comune. È una menzogna. Dai lavori effettuati fin dai primi giorni (sbancamento, installazione di lampioni) è stato subito chiaro a tutti che per i nomadi si stava costruendo un vero villaggio. Destinato a durare anni. Fra l’altro - proseguono gli esponenti dell’associazione ambientalista - già avevamo denunciato nei mesi passati il sorgere di una bidonville abusiva sull’altro lato della Riserva, dalla quale addirittura non si sono fatti scrupolo di cacciare e uccidere alcuni animali nell’area protetta. Ma niente è cambiato».
Negli ultimi giorni, a causa della pioggia, i nomadi sono andati a riprendersi le roulotte. Ora dormirebbero al loro interno in attesa della sistemazione finale. I container, in fase di allestimento, sono spaziosi, saldamente ancorati al suolo, pronti per gli allacci di luce, acqua, gas. Quello della Pontina è un campo sterminato, giura chi l’ha visto. Il più grande insediamento nomadi d’Italia. Quasi una città. Secondo il censimento dei vigili del Nas, all’interno del campo vivrebbero oggi 850 persone. Ma potrebbero essere di più. La Riserva di Decima Malafede, 6.150 ettari di superficie, nel XII Municipio, costa ogni anno centinaia di migliaia di euro alla Regione Lazio per la sua gestione. Lungo i corsi d’acqua che attraversano la riserva nidificano aironi, garzette e gallinelle d’acqua. Non è difficile imbattersi in animali rari come il tasso e la faina o veder volteggiare coppie di nibbi bruni. Dentro, stando al vincolo della legge regionale 29/97, non potrebbe entrare neppure uno spillo senza autorizzazione. Invece è sorto il campo. Il Wwf Lazio, che ha diffidato il Comune a rispettare i tempi annunciati per lo spostamento in altra zona e il ripristino dei luoghi, fin dall’arrivo dei rom non ha esitato a sfoderare le unghie: «Ottocento persone, con le loro attività quotidiane, creano un impatto sconvolgente sui delicati equilibri naturalistici della riserva», rimarca il consigliere regionale dell’associazione, Marco Antonini. Ma il Campidoglio tace. Come anche l’assessore regionale all’Ambiente, Angelo Bonelli, che a settembre aveva parlato di sistemazione provvisoria, «in attesa di trovarne una definitiva». Se nulla si sa dei tempi, ancora meno si conosce dei costi: ufficiosamente il Comune avrebbe speso 700mila euro per trasferire i rom da vicolo Savini a via Pontina.

Si ignora quanto costa attrezzare e sostenere il campo. A conti fatti, la vicenda ha tutta l’aria di un grosso regalo della sinistra capitolina agli elettori dell’XI Municipio, a guida Rifondazione comunista. Come dire: vi abbiamo liberato dagli zingari, ora votateci.

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