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Duccio Pasqua

Troppi psicofarmaci ai bambini. Nel Lazio è allarme, con un aumento delle prescrizioni che, negli ultimi cinque anni, è salito del 280 per cento. Così ieri a Roma è stato rivolto un appello al ministro della Salute, Livia Turco, affinché vigili sulla leggerezza con cui si somministrano psicofarmaci ai più piccoli. Attualmente più di 2600 bambini laziali sono trattati con psicofarmaci, ma la cifra potrebbe salire a 64mila se si decidesse di prescrivere i farmaci a tutti i potenziali destinatari di queste terapie. L’appello al ministro parte da Luca Poma, portavoce di «Giù le mani dai bambini», la più visibile campagna di farmacovigilanza in Italia, e da Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva. A loro si affiancano più di cento associazioni e 230mila addetti ai lavori del settore della salute.
«Nel Lazio - avverte Luca Poma - si stanno aprendo sei centri per la somministrazione di psicofarmaci ai bambini iperattivi, quando le autorità di controllo sanitario avevano garantito di istituire un solo centro di eccellenza per regione, in modo da prevenire gli abusi». La situazione è preoccupante, se si considera che anche l’Emea, Agenzia Europea per i farmaci, ha autorizzato la somministrazione del Prozac ai bambini già da otto anni, dopo appena 4-6 sedute di psicoterapia senza risultati.
«Chi all’Emea ha preso questa decisione - dice Bianchi di Castelbianco - è incompetente non solo nella conoscenza della psicoterapia ma soprattutto dei bambini. Il ministro Turco deve subito intervenire per neutralizzare la corsa agli psicofarmaci. E il ministro della Pubblica istruzione Fioroni deve emettere una circolare affinché le scuole siano messe in condizione di gestire i bambini-giamburrasca, piuttosto che espellerli».
Poma e Bianchi di Castelbianco hanno presentato alla Turco un «decalogo di buone prassi». Tra le richieste, l’attivazione di un tavolo presso il ministero per approfondire il fenomeno; l’uso dello psicofarmaco solo come ultima risorsa terapeutica e, quindi, il rafforzamento concreto di tutte le strade alternative alla medicalizzazione; un’informazione alle famiglie più completa ed esauriente sui gravi rischi derivanti dalla somministrazione di psicofarmaci a bambini e adolescenti; l’introduzione del «black box», il riquadro sulle confezioni già utilizzato per le sigarette - e negli Usa anche sui farmaci - con l’evidenza degli effetti collaterali più pericolosi.

L’associazione «Giù le mani dai bambini» ha anche svolto un sondaggio fra 1600 italiani dai 16 ai 65 anni di età, chiedendo un parere sulla somministrazione degli psicofarmaci ai più piccoli. Il 97 per cento ha detto no, sostenendo inoltre che le diagnosi fatte con i questionari non sono affidabili.

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