Declino radicale: da libertari a questurini

Una volta promuovevano battaglie discutibili ma ispirate a ideali, ora sono totalmente omologati alla partitocrazia che fingono di combattere. Digiunano contro l’eccesso di burocrazia, ma si trasformano in censori per bloccare il Pdl

Declino radicale: da libertari a questurini

C’erano una volta i radicali che oggi sono rimasti in due, il fondatore, Marco Pannella, e la sua eterna spalla, Emma Bonino. Emblematici quanto si vuole ma sempre solo due e dimentichi del loro passato. Tutte le altre figure storiche, da Mauro Mellini a Massimo Teodori, si sono allontanate e non si riconoscono più nel Pr.
In effetti, è irriconoscibile.
A molti, che nel Pr non avrebbero mai militato, i radicali sono serviti in passato per dargli il voto se il partito preferito candidava un figuro poco decente. Erano una nobile alternativa e con loro si andava sul sicuro. Gente degna, un po’ pazza, con un sovrabbondante tasso di idealismo. Si potevano condividere o no le battaglie, perfino detestarle, ma avevano innegabili caratteristiche. Erano fatte per tutti e non per ragioni di schieramento o di bottega. C’era buona fede, amore di libertà, rispetto del diritto dei singoli e garantismo.
Oggi, Bonino e Pannella sono invece totalmente omologati alla partitocrazia che fingono di condannare. Da anni sono stabilmente schierati con i cattocomunisti che furono i loro peggiori nemici. Stanno con Di Pietro che è la negazione delle tutele individuali, con i verdi, i rifondazionisti e tutti quelli che portano indietro l’orologio della storia quando caratteristica dei radicali era anticipare i tempi. In altre parole, sono morti.
Parto dall’ultima - lo sgambetto alle liste del centrodestra a Roma e Milano - anche se non è la magagna che colpisce di più. Nei giorni scorsi, Bonino ha digiunato contro le farragini elettorali: difficoltà di raccolta delle firme, timbri e avalli vari. «Sono la negazione dello Stato di diritto», ha detto e ha chiesto l’abolizione dei burocratismi. Quando però nei trabocchetti è caduto il centrodestra, i radicali sono stati i primi a infilargli il cappio al collo. Hanno gioito per l’inciampo e fatto la spia con la malignità del capoclasse che denuncia il compagno copione.
Nessun dubbio che la colpa dell’intoppo sia tutta del Pdl e sua la figuraccia. Ma se lui è il fesso, i delatori sono i radicali. Da altruisti della politica ne sono diventati i sicofanti. Quando si riferiva all’esclusione della propria lista, Bonino ha gridato alla fine dello Stato di diritto e messo sotto accusa il «regime». Ora che i depennati sono altri, Bonino se ne infischia dello Stato di diritto e brandisce le leggi del regime per bandirli. Una pura ripicca, espressa nel modo più plateale.
Anche se ridotti a un ectoplasma, i radicali ammantano di pure essenze l’odierna meschinità. Il termine attualmente in voga tra loro è «legalità». In suo nome fanno lo sgambetto al Cav e seguaci. In realtà sono mossi dall’interesse politicante e settario di razziare poltrone senza neanche combattere. Come al tizio della réclame a Bonino e Pannella piace vincere facile. Sono come tutti. La loro felice eccezione è un lontano ricordo.
Sbandierando la legalità, quella ottusa dei questurini, la coppia si è pavoneggiata sabato scorso in Piazza del Popolo tra i fan di Di Pietro e soci, i cosiddetti «viola». Emma col cappottino e il canuto Marco con la criniera a coda da Toro Seduto hanno sdottorato di severità, rigore e applicazione letterale della legge. Si sono detti «disgustati per l’andazzo», hanno disquisito di «Paese sfracellato», si sono proclamati indignati e proposti come salvatori della patria. Sembravano due pm in trasferta ispettiva con la fissa di rivoltare l’Italia come un calzino.
Anche qui, la metamorfosi è totale. I radicali di una volta parlavano di «giustizia giusta», anziché di legalità, concetto ambiguo. C’è, infatti, una legalità garantista e una che non garantisce un baffo. C’è una legalità nazista o staliniana e ce n’è una liberale. Sono separate da un abisso.
Emma e Marco, per la loro storia, sono gli ultimi a potere dare lezioni di legalità formale. Hanno fumato spinelli per imporne la depenalizzazione. Hanno procurato aborti illegali per soppiantare quelli clandestini. Hanno sfidato la polizia nelle piazze. Nessuno come Marco ha calpestato la legge in nome della disobbedienza civile e del diritto che verrà. Allora però, stava con Leonardo Sciascia. Ora ce lo ritroviamo con Leoluca Orlando. Tace se un giudice - sfidando il ridicolo - sentenzia che il Consiglio dei ministri non è legittimo impedimento per chi quel consiglio presiede. Se ne impipa dell’orgia di intercettazioni insensate di questi giorni, buone solo per annichilire l’imputato e anticiparne la condanna. Anzi - è successo di recente - si spertica nell’elogio di Gioacchino Genchi. Uno che si è impicciato delle telefonate di qualche sospetto e di tanti innocenti per conto di Luigi De Magistris, il pm che le ha sbagliate tutte. Il medesimo Genchi che, pure essendo vicequestore in attività, ha fatto il pirla dicendo che il Cav si era fatto da sé l’attentato di Natale. Il classico personaggio che i radicali di un tempo avrebbero tagliato a fette. Adesso, ci duettano.
Le contraddizioni tra passato e presente sono infinite. Le cito come mi vengono. Oggi, Pannella sta con i pm. Ma 25 anni fa era stato tra i promotori del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. Vent’anni fa si mise alla testa del cosiddetto «Parlamento degli inquisiti» spronandolo a rivendicare i diritti della politica sul giacobinismo dei procuratori. Ora, Marco ed Emma fanno i pacifisti: esigono che sia imbastito un processo internazionale a George Bush e Tony Blair per la guerra in Irak. Negli anni ’90, erano guerrafondai: vollero l’attacco Nato alla Serbia e il bombardamento di Belgrado. Vendola, che era contrario, li insultò. Oggi, ci vanno a braccetto. Un tempo i radicali si battevano per i diritti umani in tutti quei Paesi, come la Cina, dove sono acqua fresca. Ma quando due anni fa, da ministro del governo Prodi, Bonino, andò a Pechino fece prevalere gli affari e tacque su tutto.
Una volta Marco ed Emma facevano i digiuni per alti ideali: contro l’invasione della Cecoslovacchia, la fame nel mondo, la pena di morte. Ora li fanno per i propri intrallazzi. Per avere nove deputati garantiti contro gli otto che voleva dargli Veltroni.

Per punire la Rai che sbaglia a non considerarli il sale della terra e non parla abbastanza di loro. Perché il Pd gli lesina poltrone, sedie e strapuntini.
Così, Pannella e la sua spalla hanno perso l’aureola e sono rimasti soli.

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