Decolla il Vinitaly, è l’anno delle scuole di enologia fai-da-te

Con la primavera arriva puntuale il Vinitaly, massima rassegna del vino mondiale in Italia, a Verona, in tutta Verona perché la Fiera va da tempo stretta al mondo di botti e bottiglie che così, complice anche il Sol, il salone dell’olio, esce dai padiglioni fieristici e dilaga in città con un’abbondanza di appuntamenti di contorno che rafforzano la kermesse principale.
Da domani - e fino a lunedì prossimo, il giorno dei ristoratori che, spenti per turno di riposo i fornelli, sciamano tra gli stand -, circa 150mila persone affolleranno gli spazi dell’edizione numero 44, preceduti tra 24 ore da Luca Zaia, ministro delle politiche agricole, nonché nuovo governatore della Regione Veneto, che inaugurerà la rassegna senza poi allontanarsi visto che venerdì accoglierà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che a metà mattina interverrà a un convegno dove si dibatterà di «Scenari e prospettive del mercato del vino italiano».
Simbolica la presenza del Capo dello Stato con Zaia a fargli da Cicerone. Sono passati due anni dallo scandalo del vino che agitò l’edizione numero 42, quando L’Espresso uscì con la copertina dedicata a Velenitaly e ovunque se ne parlò e in alcune parti d’Italia pure si tremò, Montalcino su tutte, perché i furbi sono ovunque. L’anno scorso i problemi erano altri, legati alla crisi economica, e se ora le caselle della posta elettronica di qualsiasi addetto ai lavori sono intasate di inviti è perché tutti hanno capito che è meglio darsi da fare, cogliendo i segnali positivi che sono in verità pochi. Tanta speranza e poche certezze. Si produce meno (44 milioni e mezzo di ettolitri nel 2009, -4% sul 2008 e -10 sulla media del decennio) perché si beve meno (43 litri annui a testa, due in meno rispetto al 2007). Tiene, secondo Assoenologi, il giro d’affari globale (13,7 miliardi di euro), ma il prezzo medio di un litro di vino, che due anni fa sfiorava i 2 euro (1,98 per l’esattezza), nel 2009 è sceso a 1,75 tanto che in un lustro hanno chiuso 30mila cantine su 700 mila.
Non piace al settore la criminalizzazione del vino equiparato a una droga, non piace il ricorso indiscriminato all’etilometro (se la stradale sarà pignola, da domani a lunedì tutti a piedi, taxi o treno per il Vinitaly) senza distinguere da consumo ragionato (che penalizza molto i ristoranti) e voglia di sballo. La risposta passa attraverso una sempre maggiore consapevolezza dei consumatori. Il sito Winenews.it, in collaborazione Verona Fiere e BocconiTrovato&partners, ha raccolto dati che sbalordiscono: il 20,7% del campione vorrebbe pagare una bottiglia di vino per il bisogno quotidiano meno di 2 euro, come due tazzine di caffè al bar. E un altro 32,4 non più di 4. Il vino come un bene di lusso viene quasi da dire perché giusto l’1,4% sarebbe pronta a privarsi di 15 o più euro. Eppure una bibita energetica costa circa 6,5 al litro in un supermercato e il prezzo al kilo della gomma da masticare tocca i 40.
Per fortuna le difficoltà aguzzano l’ingegno e dopo il boom di istituti alberghieri e corsi di cucina per diventare chef, ecco quello delle iscrizioni alle scuole enologiche, da Alba a San Michele all’Adige. Nella seconda metà degli Anni Zero nessun istituto ha registrato una flessione e solo il 14% un valore pari per un totale studenti di 650 persone (130 gli stranieri).

Nel futuro per molti c’è l’azienda di famiglia e, in ogni caso, oltre 100mila realtà sono in mano a under 35 (25mila le donne). Il fatturato medio non è da nababbi (18.720 ), ma chi sceglie questa strada non cerca il successo economico.

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