Ci aveva provato, invano, Gianni Plinio, quando era sindaco Giuseppe Pericu. E ci riprova ora, quando a Palazzo Tursi cè Marta Vincenzi. Ancora una volta, con una tenacia che è solo figlia della convinzione per la bontà dellidea: fare intitolare una via di Genova a Cesare Sangermano. «È giusto e doveroso ricordare tutti i Caduti. Anche quelli dei vinti - spiega il consigliere regionale del Pdl, alla vigilia delle celebrazioni del 25 Aprile -.Come già avviene in altre nazioni civili e come è negli auspici di autorevoli esponenti della sinistra e della stragrande maggioranza degli italiani». E qui ricorda la vicenda di Sangermano: «La sua storia - dichiara Plinio - costituisce un esempio particolarmente edificante e nobile per le giovani generazioni». Ferito a morte durante un attacco partigiano l8 di febbraio del 1945, al posto di blocco della Doria, il giovanissimo - 19 anni - combattente delle brigate della Repubblica sociale italiana, veniva portato allospedale di San Martino dove, prima di morire, chiedeva e otteneva, tramite la madre, dallo zio Luigi Sangermano, commissario di governo della Rsi in Liguria, che fosse salvata la vita a un partigiano, anche lui diciannovenne, ferito e catturato nello stesso scontro e che era stato ricoverato vicino a lui.
Quel ragazzo coetaneo di Cesare si chiamava - e si chiama - Adelmo Daminelli. È un signore di ottantatrè che vive a Sestri Ponente. Non ha più molta voglia di parlare di quei giorni, quando era partigiano, nome di battaglia «Mimmo». Storia vecchia - sospira -, altri tempi, i dettagli sfumano. Li rammentiamo noi: «Mimmo» viene ferito al ventre e a una gamba, e ricoverato nella stessa stanza di Sangermano. In poche ore, prima della morte di Cesare, cè uno scambio di sguardi, di parole, e anche dintenti: stessa età, stessa voglia di lottare per i propri ideali, anche se con schieramenti e destini diversi. «Mimmo» guarisce dalle ferite del corpo, un po meno da quelle dellanimo. Ma non dimentica le raccomandazioni di Cesare, che gli hanno salvato la vita. E una volta finita la guerra, il partigiano scampato alla morte per lintervento decisivo del «nemico» va a raccontare lepisodio al processo intentato a Savona contro Luigi Sangermano. Questa volta è lui che salva una vita: quella dello zio di Cesare, già destinato alla pena capitale in quanto alto esponente della Rsi.
«Dedichiamo una via al fascista che salvò la vita al partigiano»
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.