Standard&Poor’s non sembra aver più dubbi: la Grecia è vicina al default. Mentre continua il tiro alla fune tra la Bce e la Germania su come salvare Atene, il nodo più intricato del vertice straordinario di oggi dell’Eurogruppo, S&P rompe gli indugi e declassa di ben tre tacche il rating sovrano greco a lungo termine, portandolo da «b» a «ccc» con prospettive negative. Tanto per intenderci, il livello «junk» (spazzatura) è collocato otto gradini sopra («bb+»).
Il debito ellenico trattato insomma come una scoria radioattiva, ennesima mazzata, dopo quella inferta da Moody’s all’inizio del mese (valutazione tagliata a «Caa1»), per un Paese segnato non solo dall’instabilità finanziaria, ma anche da un governo in caduta di consensi proprio in una fase cruciale. Il premier Giorgio Papandreou deve far digerire alla popolazione altre misure draconiane di risanamento, quasi da tabula rasa se verranno confermate le indiscrezioni pubblicate ieri dal quotidiano Kathimerini, secondo cui la scure calerà sul pubblico impiego dove verranno licenziati 150mila dipendenti entro il 2015. L’obiettivo è quello di risparmiare 1,3 miliardi di euro quest’anno e fino a 4 miliardi entro il 2015. Tra gli altri provvedimenti, anche l’aumento delle ore di lavoro settimanale, da 37,5 a 40.
Ma per Standard&Poor’s è quasi impossibile che la Grecia possa salvarsi solo con le proprie forze. Il percorso è obbligato, e conduce alla ristrutturazione del debito, considerata appunto un default. Anzi. «C’è una significativa, crescente possibilità di uno o più default - spiega S&P - in base ai nostri criteri relativi a un pieno e tempestivo rimborso, legato alle emergenti difficoltà da parte dei creditori ufficiali a essere pagati». Atene, tra l’altro, ha la necessità di rifinanziarsi per circa 95 miliardi da qui alla fine del 2013 e deve reperire altri 58 miliardi in scadenza nel 2014. Anche se l’Eurozona dovesse accordare altri aiuti, «alcuni creditori chiederanno una ristrutturazione del debito commerciale come condizione necessaria per dare via libera ai finanziamenti aggiuntivi. Qualsiasi soluzione - continua l’agenzia di rating - da uno swap debitorio a un’estensione delle scadenze del debito, equivarrebbe a un default “de facto”».
S&P non pare dunque dar troppo credito alla riunione di oggi dell’Eurogruppo che precederà quella già in agenda del 20 giugno a Lussemburgo, a tre giorni dal summit europeo dei capi di Stato e di governo. Forse anche perché tra Bce e Germania continua il braccio di ferro sul coinvolgimento dei creditori privati. Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schauble, è favorevole a estendere di sette anni la durata dei sirtaki-bond.
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