«È il degrado che cresce di continuo a far proliferare i comitati cittadini»

«È il degrado che cresce di continuo a far proliferare i comitati cittadini»

I Comitati civici sono un fenomeno diffuso. Il loro numero ne è conferma. Come il proliferare dei fenomeni di degrado, che stimolano la formazione dei comitati stessi. Per converso, è immediatamente constatabile che le reazioni a tale degrado siano oggi caratterizzate, minate dal tarlo dell’astratta lagnosità, del «tanto non servirà a niente». Che certamente non avvantaggia la possibile (e celere) soluzione dei singoli problemi. Pur rilevando la attuale positiva esperienza e la apprezzabile «vitalità» nel nostro comitato, tale approccio «pessimistico» è generale ed estremamente comune. In raffronto alla mia percezione e memoria di quand'ero adolescente, per esempio nei semplici rapporti di vicinato, ritengo che le cose, intese come rapporti interpersonali, siano mutate in peggio (nb: e non sono passati secoli). Gli individui, comitato o no, si relazionano sempre meno tra loro. Basta entrare nel posto di lavoro (se abbiamo la fortuna di averne o di conservarne uno), in un negozio, nel condominio, in autobus (scegliete voi). Il grado di coinvolgimento sociale ed umano è tendenzialmente basso. Cresce l'indifferenza meglio la «malsopportazione», la disaffezione verso i propri simili. Ovviamente ci diamo tutte le motivazioni a supporto: con gli altri meno si parla meglio è, sappiamo bene quanti matti girano per le strade, non ci si può più fidare di nessuno, non sono più i tempi di una volta, ecc. Millenni di evoluzione della razza umana per ridursi così. Intolleranti, sordi e ciechi alle altrui esigenze ma, in definitiva, soprattutto alle nostre. La questione coinvolge l'intera nostra quotidianità. Per la quale dovremmo avere maggiore rispetto. Parrebbe una premessa tragica. In realtà è solo l'esito delle disperate «strategie difensive» di ciascuno di noi. Non ambisco a fornire una interpretazione sociologica di tali atteggiamenti. Né sapere «il perché» serve sempre a migliorarci. Se crediamo in noi stessi e crediamo che confrontarci possa migliorare la nostra qualità di vita e di pensiero, allora dovremmo cercare di trasformare i vincoli in opportunità, tradurre ciò che ci accade in esperienza, in saggezza. E non con «...la prudenza più stagnante» che indicava una canzone di Battisti. Esponiamoci. Nella passività, nell'inazione, nel solo osservare (e magari criticare) ciò che fanno gli altri, non si apprende e non se ne trae concreta utilità. La percezione della realtà muta per ciascuno di noi e ci rende talvolta vicini, il più delle volte distanti, incomprensibili. L'indifferenza e i pregiudizi, annientano le relazioni sociali, le rendono vuote, prive di efficacia. Ho la consapevolezza che per ogni persona che si ritrova in queste mie considerazioni, ve n'è un'altra che le apostrofa come deliranti ed attribuisce loro la ennesima, più assoluta inutilità. Ed infatti concordo: dinanzi ad un radicato ed ottuso egotismo non c’è rimedio.

Sta a noi controbilanciare la spinta, attribuendoci importanza, senso ed intensità, ripagando l'ossigeno che tutti noi respiriamo. Politica, cultura, sport, sociale. Basta poter dire: facciamo cose e le facciamo insieme.
*Portavoce Comitato civico
«Corso Gastaldi & dintorni»

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