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Delitto nella casa di cura psichiatrica: paziente ucciso nel sonno a coltellate

da Brescia

Da tempo gli rimbombava nella testa una voce che gli ordinava di uccidere. Chiunque avrebbe potuto essere la vittima, quando il tormento di quella voce si fosse fatto insostenibile. Per Claudio Campana, 39 anni, milanese, ricoverato per schizofrenia, il momento è arrivato l’altra sera, poco prima di mezzanotte. A farne le spese è stato un altro ricoverato nella casa di cura psichiatrica San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, più conosciuta come i Pilastroni dal nome della via in cui si trova. In preda a una furia bestiale, Claudio Campana ha ammazzato con 26 fendenti Daniele Martani, 28 anni, uno degli altri due ricoverati che con lui condividevano un appartamento di tre locali all’interno della casa di cura.
Tra i due pazienti quello considerato pericoloso era però la vittima. Martani infatti era stato protagonista, nove anni fa, di un infanticidio che aveva suscitato orrore nel Bresciano: a Verolanuova l’allora 19enne «ragazzo difficile» aveva afferrato la nipotina nata da soli 4 giorni e l’aveva uccisa scaraventandola sul pavimento.
Stava dormendo, Martani, quando Campana si è avventato su di lui e lo ha massacrato a coltellate. Poco più tardi l’omicida è stato trovato in stato confusionale all’interno dell’alloggio. Ha confessato tutto ai poliziotti, spiegando di essere stato «obbligato a uccidere da una voce sentita più volte, da tempo». Una decina di giorni fa l’assassino era uscito dalla struttura (poteva farlo, non era recluso) e in un negozio della città aveva comprato un coltello da cucina con lama da oltre 25 centimetri. E l’ha tenuto nascosto fino a quando la «voce» è tornata. E cioè venerdì notte quando Campana all’improvviso ha devastato a coltellate il proprio letto, vibrando decine di fendenti, poi ha fatto irruzione nella stanza attigua dove dormivano un ragazzo autistico, rimasto illeso, e Daniele Martani. Campana ha infierito su quest’ultimo, e lo ha colpito almeno 16 volte. Il compagno di camera ha fatto accorrere un’infermiera, che ha trovato Martani in un lago di sangue. Subito dopo la donna ha incrociato l’omicida, muto e immobile, e ha dato l’allarme.
«Un delitto orrendo - ha commentato il procuratore di Brescia, Giancarlo Tarquini -, che colpisce perché non aveva un destinatario individuale.

Chiunque avrebbe potuto essere ucciso».

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