Un delitto scritto sui diari «in nome di Satana»

da Milano

I frammenti di un delitto immaginato, progettato e scritto sui loro diari d’adolescenti inquiete. Ragazzine di provincia che volevano fare «il grande botto di Chiavenna».
Le menti martellate da sinistre simbologie amplificate dai decibel sparati da quel Marilyn Manson, che spaccia rock satanico in cambio di tanti soldi. Lo stesso strimpellatore satanista, sempre di nero vestito e col volto dipinto da clown cattivo, che aveva già ispirato due liceali americani di Columbine, ad andare a sparare con un fucile a pompa ai loro compagni di scuola.
Eccole Ambra, Milena, Veronica, all’epoca una sola diciassettenne, le altre un anno di meno, rinchiudersi dentro le loro case protette e tranquille, a piedi della «noiosa» vallata, per sporcare le loro anime. I genitori al lavoro, lo stereo a tutto volume. Qualche lettura di magia nera, qualche dozzinale «bigino» sul maligno, quanto basta per convincerle ad immolarsi, e soprattutto immolare un innocente.
Sullo zainetto di Milena scarabocchi di croci rovesciate e il solito codice malefico «666». Dal diario, dove di solito una ragazzina racconta delle prime cotte, dei sogni, dei progetti, spuntano invece le frasi demenziali tratte dalle canzoni di Manson. Quelle violente, quelle che urlano di anticristo, morte e sangue.
Si legge anche di un delitto da compiere. Doveva essere un bimbo la vittima nei loro farneticanti progetti. Poi dirottarono su un simbolo ancora più invitante. Un uomo in tonaca, come negli horror d’antan. Alla fine dirottarono su un bersaglio più facile. «Il prete è troppo grosso». Avrebbe potuto reagire e difendersi da quelle tre scalmanate. Per questo nel mirino finì suor Maria Laura Mainetti. La suorina minuta ed esile, sempre disponibile e caritatevole. La suora degli emarginati, dei poveri, dei ragazzi difficili.
Oggi il suo nome profuma di beatificazione.
Col pretesto di assistere una ragazza violentata e rimasta incinta Veronica diede appuntamento alla religiosa in piazza, poi la condusse fino a quella stradina buia ed isolata del parco dove le tre l’avrebbero massacrata «in nome di Satana».
Oggi le assassine sono tutte e tre libere. E vien da pensare.

Cosa resta di un omicidio belluino maturato senza un vero perché? Raccapriccio, dolore non ancora sopito, ma anche tanta paura. Nei confronti della nostra giustizia. «Votatemi, da grande voglio diventare presidente della Repubblica». Già ridacchiava proprio così Veronica, ancora in carcere.

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