La democrazia dei compagni: terrorizzare i ciellini

MilanoLa parte surreale di tutta questa storia è che i «compagni» mica respingono l’accusa di aver fatto 800 fotocopie poi pagate a bastonate. Solo non ci vedono nulla di male: «Ci siamo ripresi quello che Comunione e liberazione ruba da anni». Così dopo la denuncia degli aggrediti, e i successivi arresti dei cinque anarco-rapinatori, gli squadristi dei Centri sociali hanno deciso che la «delazione» va punita: la cartoliberia Cusl in Statale non deve più riaprire. Così da una settimana, tutti i giorni, vanno a devastarla. Senza che nessuno muova un dito, rettore Enrico Decleva compreso. Tanto che i ciellini terrorizzati non vogliono più denunciare gli assalti. Avendo capito di vivere in un mondo al rovescio: i «cattivi» che li hanno bastonati diventano vittime, perché arrestati, e loro carnefici perché li hanno denunciati.
La vicenda inizia il 3 ottobre quando Valerio Ferrandi, 24 anni, guida il manipolo di anarco-rapinatori alla libreria Cusl. Fanno 800 fotocopie di uno dei loro volantini e quando viene presentato il conto, pestano i commessi, cioè cinque studenti lavoratori. Viene presentata denuncia e il 13 novembre i cinque vengono arrestati: quattro finiscono ai domiciliari, Ferrandi, già sorvegliato speciale, va a San Vittore. È il figlio di Mario, fotografato nel 1977 in via De Amicis a Milano mentre spara ad altezza d’uomo: il suo proiettile ucciderà il vice brigadiere di Polizia Antonino Custrà.
Le prime manifestazioni già in serata sconvolgono il quartiere Ticinese, con cassonetti rovesciati e muri imbrattati. Si replica sabato, con un nutrito lancio di bombe carta dentro il carcere. E poi bisogna mettere in riga Comunione e liberazione perché s’è permessa di denunciare la rapina. Perché gli «antagonisti» non negano i fatti, semplicemente non ci trovano nulla di male. Così al grido: «Ci siamo ripresi quel che ci rubate da anni» iniziano gli assalti alla Cusl. Il primo lunedì pomeriggio, dopo un’infuocata assemblea culminata con l’esposizione dei nomi dei cinque ciellini, quattro ragazzi e una ragazza, su uno striscione e sui muri dell’Ateneo. Martedì pausa, anche perché c’è da mettere a soqquadro la città durante la giornata nazionale contro la riforma Gelmini, finita poi con due studenti in galera. La mattina dopo i ragazzi vengono scarcerati. «Fate i bravi» si raccomanda il giudice. Infatti poche ore dopo, nuovo assalto alla Cusl. Con replica giovedì. Ogni volta con lo stesso copione: insulti e minacce, classificatori e libri buttati all’aria. Le vittime hanno paura e non vogliono più denunciare gli aggressori temendo nuove rappresaglie. Non sanno nemmeno se tentare ancora di riaprire.
Ieri però la giornata sembra tranquilla e ci riprovano. E puntuali si materializzano gli squadristi. Alle 10, in quaranta circa si dirigono alla Cusl e quando i ciellini si barricano nella libreria iniziano a battere sulle porte. Arriva la polizia, prima personale in borghese poi in divisa, e gli eroici assedianti se la battono. Una mezza dozzina di loro viene identificata poi nelle vie adiacenti. Per tutta la mattina la Questura mantiene una squadra fuori dall’Università, poi nel primo pomeriggio gli agenti se ne vanno e la libreria viene subito chiusa. E non si sa cosa succederà la settimana prossima. Ormai hanno capito che i violenti se cavano con un buffetto mentre della loro sorte non importa nulla a nessuno.
Il tutto avviene infatti nell’indifferenza della città. Il mondo culturale e politico non reagisce, come se derubare e intimidire Cl sia opera meritoria. Ma non reagisce neppure il mondo accademico. Da una settimana infatti in atrio campeggiano scritte contro Cl e i nomi dei cinque ciellini. Un messaggio mafioso per indicarli a chiunque voglia andarseli a prendere a casa. Senza che il rettore Enrico Decleva si sia almeno peritato di cancellarli.

Ieri il professore è stato impegnato in una serie di incontri da cui non ha potuto staccarsi neppure per cinque minuti. Per cui non sappiamo quali iniziative vorrà intraprendere per riportare un clima di civile convivenza all’interno della sua Università.

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