Ma la democrazia non è un detersivo

Caro Granzotto, in riferimento all’attribuzione della cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini, le unisco copia della lettera inviatami da Nicola Pollari, sindaco di Venaria, in risposta ad una mia con la quale sollevavo obiezioni ed esprimevo dissenso per il conferimento di un encomio solenne ad un personaggio che si è messo fuori dalla legge. Ed ecco il testo della replica: «Egr. Sig. Danubi, prendo atto del suo disappunto e mi accodo con mestizia agli altri 50 sindaci che mi hanno preceduto nella “bischerata”. Quello che purtroppo non è emerso, né dal suo commento, né dal veto incrociato degli organi di informazione, è che comunque la si guardi la Baraldini il suo debito in qualche modo l’ha pagato. Non ha mai fatto domanda di grazia, è sempre rimasta sotto traccia: se pure “l’asse cattocomunista” D’Alema-Diliberto-Mastella l’avesse strumentalizzata, che colpa ne ha la Baraldini? Diciassette anni di carcere e 5 di arresti domiciliari mi sembrano una pena sufficiente per un condannato a cui non si contestato né reati di sangue né atti violenti. Mi spiace per la sua contrarietà, ma il Consiglio comunale ha democraticamente deciso. Nicola Pollari».


Inconfondibile, caro Danubi, il tonetto di sufficienza del sindaco di Venaria. È il marchio di fabbrica del militante progressista che ritiene - un lascito permanente, questo, dell’ideologia comunista - di essere antropologicamente diverso. E dunque di essere in dovere di indicare, a noi buzzurri liberali, cosa sia giusto e cosa no, cosa sia vero e cosa sia falso, cosa legittimo e cosa illegittimo. Con quel tonetto, appunto, Pollari se ne esce affermando che «in qualche modo» la Baraldini ha pagato il suo debito. In qualche modo? In quale, visto che le resterebbero ancora 26 anni di reclusione (21, se mettiamo generosamente nel conto gli allegri arresti domiciliari)? Anni che in cambio dell’espatrio il governo italiano - nell’occasione rappresentato dal giganteggiante statista di nome Oliviero Diliberto - s’impegnò, mano sul cuore, a farle scontare in carcere e fino all’ultimo giorno. Conti della serva, per Pollari, visto che a suo antropologicamente diverso e superiore giudizio 17 anni più 5 di domiciliari gli sembrano «una pena sufficiente per un condannato a cui non si contestano né reati di sangue né atti violenti». Ma a parte il fatto che la Baraldini fu fra l’altro, molto altro, condannata per complicità in una rapina che lasciò sull’asfalto sei vittime tra poliziotti e addetti al trasporto di valori, non ci hanno insegnato che uno degli assunti del vivere civile è «Dura Lex sed Lex»? Cos’è questa novità del comune di Venaria elettosi a Corte di Cassazione universale col potere di stabilire quando una pena è sufficiente o meno?
Scontato, infine, che un tipo come Nicola Pollari assolvesse il provocatorio e oltraggioso conferimento della cittadinanza onoraria ad una criminale affermando che decisione fu presa «democraticamente». Quasi che al pari di Omino Bianco il sistema democratico avesse una forza sbiancante, candeggiasse al solo tocco macchie ed ombre rendendo ingegnose le bischerate e virtuoso il vizio. Mentre è ben noto che se la via dell’inferno risulta lastricata di buone intenzioni, quella degli eccessi quando non delle sopraffazioni è selciata dalle linde e pinte mattonelle democratiche.

Hitler e Mussolini, due nomi a caso, arrivarono al potere con tutti i crismi democratici (Lenin no. Spiace doverlo rivelare ad uno come il sindaco di Venaria, ma Lenin giunse al potere con un golpe. Tale e quale Pinochet, sempre per fare un nome a caso).

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