Enrico Groppali
Sarà una maledizione atavica o lennesimo caso fortuito ma, ogni volta che ricorre laggettivo «esoterico», prima o poi si materializza leterno nemico delluomo. Ossia Sua Maestà Belzebù. Il quale, nella città di SantAmbrogio, ha lasciato ben più che qualche rara vestigia del suo passaggio. Anche se la più sconvolgente testimonianza di un culto ereticale che confina col satanismo è oggi rintracciabile fuori porta nella sacra cinta dellAbbazia di Chiaravalle. Dove in una tomba (poi svuotata su richiesta dellautorità ecclesiastica) riposavano i resti mortali di una strega. Detta la Boema o, dal suo nome di nascita, Guglielmina che un giorno approdò vestita di cenci nel capoluogo lombardo. Guglielmina, chi era costei?
Nientaltro che una monaca eretica che verso il 1260, quando Milano era percorsa dalle orde dei Flagellanti, si staccò clamorosamente dalla Confraternita dei Disciplini della Morte, deputati ad assistere i condannati al supplizio, per fondare una setta «protofemminista» stranamente benvoluta dallalta società ambrosiana. Nominata al suo fianco, come assistente privilegiata destinata a succederle, la nobile Manfreda (o Maifreda) Visconti che, per amore della santona, smise da un giorno allaltro labito delle Umiliate. Guglielmina, divenuta guida spirituale di nobili e borghesi, fu presto adorata come la reincarnazione di Cristo.
Ma la Boema non si limitò a ripeterne il viaggio terreno in vesti femminili. Nella sua infiammata oratoria era infatti, di volta in volta, sia il Gesù dei Vangeli che Maria di Nazareth dal momento che, giunta in Italia in compagnia di un figlioletto, a suo dire ben poteva fregiarsi dellappellativo di Vergine e Madre. Dopo la morte (pare per cause naturali) di questa antesignana di Mamma Ebe che spillava ricche donazioni in nome del rinnovamento della Chiesa, Manfreda proclamata papessa celebrò messa il giorno di Pasqua e annunciò, da fida apostola, limminente resurrezione di Guglielmina che tuttavia, prima di rientrare trionfalmente a Milano, si sarebbe recata a Roma a spodestare papa e cardinali, proclamando a gran voce i nomi di quattro nuovi evangelisti nonché liberando il sacerdozio dagli abominevoli signori uomini. Ce nera abbastanza, come si vede, perché il Vaticano insorgesse condannando Manfreda al rogo e decretando che le ossa di Guglielmina fossero anchesse divorate dal fuoco. Il che avvenne, con gran spiegamento di militi, monaci e litanie in Piazza Vetra, luogo deputato per eccellenza al maleficio dove le orride esalazioni dei cadaveri putrefatti degli animali adoperati per la concia delle pelli si confondevano coi miasmi delle carni straziate dei negromanti.
Secondo alcuni studiosi di chiara fama, da tempo i cosiddetti Guglielmiti militerebbero tra gli ebrei radicali della setta dei Dunmeh. Mentre, tra le donne che ne venerano la memoria, cè chi ritiene che lo spirito della Boema abbia preso stabile dimora nella «Madonna con le corna», il celebre affresco del Foppa a SantEustorgio. Dove, sotto le finte spoglie della Madre di Dio, Guglielmina assurta al cielo della fertilità come la dea adorata dai Galli che un tempo popolavano la Padania, avrebbe assunto gli occulti poteri della Luna che, prima o poi, in unalba color del sangue, a dire degli attuali seguaci, raderà le case delluomo restituendo alle Tenebre la sovranità assoluta.
E veniamo alle «case maledette». Possibile che Milano non ne conti nemmeno una? La nostra risposta è ambigua, dato che lunico edificio che potrebbe rivendicarne linvestitura, il Palazzo Imbonati di piazza San Fedele, fu raso al suolo per far posto alla Banca Nazionale del Lavoro. Cosa accadde in quelle antiche stanze? Occorre rammentare che il palazzo già nellanno di grazia 1685 era andato distrutto in seguito, si disse a quel tempo, alla diabolica invettiva, pronunciata in stato di trance, di una componente di quellantica schiatta nobiliare, condannata a prendere il velo in ossequio allinflessibile volontà paterna. Ridotto in cenere, il bellissimo edificio fu presto sontuosamente restaurato al punto di ospitare, nel diciottesimo secolo, lAccademia dei Trasformati tra le cui file troviamo i nomi più prestigiosi della cultura lombarda: dal Baretti al Parini fino al Verri e a Cesare Beccaria. Ma le continue vessazioni della monaca che, in piena notte, comminava pene spaventose in vita e castighi infernali in morte a chi vi risiedeva, finirono presto per aver ragione del buon nome dellavìto palagio.
Tanto che a nulla valse la decisione di murare la stanza dove linfelice monaca aveva trascorso la prima giovinezza. Perché non solo si moltiplicarono sinistre apparizioni di spettri muniti di catene ma lambigua nomea di quel «locus infestatus» attrasse nientemeno che Thomas de Quincey. Il quale, colpito dalla strana luminosità che di notte sirradiava dal palazzo, lo elesse ad emblema del suo libro «Suspiria de profundis» che, letto e apprezzato tanto tempo dopo dal nostro Dario Argento, doveva ispirargli il celebre Suspiria dove, guarda caso, di case indemoniate si tratta, di casi di magia nera si discute e di non morti che si animano nelle ore notturne si discetta in pieno clima di satanismo nero.
Oggi si dice che le bianche volte dellImbonati, occultate dai vetri lucenti e dagli asettici arredi del Credito bancario, non attirino più questi sinistri simulacri doltretomba. Ma ne siamo proprio sicuri? Infatti, secondo gli occultisti, le cosiddette presenze possono assopirsi per secoli come i vulcani riservandosi di riapparire al momento che giudicano opportuno. Così almeno assicurava, fin dal 1617, uno studioso del calibro di Robert Fludd che nel suo «Macrocosmo» dimostra con esempi probanti che i luoghi insidiati dalle forze del male non sono passibili di rigenerazione. Citando al proposito «lantica dimora lombarda denominata Loco de la Toreta sita nei sobborghi di Mediolanum a tutti nota come villa de piaceri e de delizie».
Proprio lo stesso luogo dove si consumò la triste parabola di una gentildonna di impeccabili maniere ma di insani appetiti da tempo accostata, per la crudeltà dei suoi costumi e limprecisato numero delle sue vittime, ad Erszébeth Bathòry, la contessa sanguinaria che in Transilvania, sacrificò al Demonio ben undicimila vergini. Ma dovera la Torretta, e soprattutto cosa ne rimane oggi come oggi? Situata nei paraggi di Sesto San Giovanni e divenuta irriconoscibile, si presenta né più né meno come un rudere.
(2.Fine)
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.