Un deposito dei tram chiamato desiderio

Marcello Viaggio

Cinque anni di giunta Veltroni, cinque anni di promesse mancate sul trasporto pubblico. Dopo aver messo da parte il tram Sette, il prolungamento a piazza Venezia dell’Otto, e la linea del Caravaggio, il Comune decide di por mano ai nuovi depositi di tram. Indispensabili per quella «cura del ferro» più volte definita strategica. Ottobre 2002: sembra la volta buona. Finalmente il Comune annuncia la costruzione di una nuova rimessa. Sorgerà esattamente sull’area dell’ex Cinodromo di viale Marconi. Lo storico impianto che ha visto correre generazioni di levrieri sarà acquistato dall’Atac, che lo trasformerà in maxideposito per bus elettrici e tram. Il progetto vede protagonista anche l’assessorato al Patrimonio. Il Campidoglio sembra letteralmente folgorato sulla via di Damasco. Sul «Tempo» del 23 luglio 2003 esce un’intervista al presidente dell’Atac, Mauro Calamante: «Costruiremo due nuovi depositi per i tram alle spalle del Centro Carni sulla Togliatti e all’ex Cinodromo. Se tutto va bene li avremo tra 2 anni, 2 anni e mezzo. Sono strategici perché sono dall’altra parte della città rispetto all’unico deposito a Porta Maggiore. Oggi i tram da là per arrivare al Casaletto ci mettono tre quarti d’ora. In futuro dimezzeremo i tempi», afferma il futuro assessore alla mobilità. Peccato che il Cinodromo sia «okkupato» già da mesi da 200 giovani del centro sociale Acrobax, il più agguerrito della capitale. Dentro resta spazio sufficiente solo per un rifugio di cani abbandonati.
Ma il Comune vive in un’altra dimensione. L’assessorato all’Urbanistica negli stessi giorni sottolinea che «il nuovo deposito tramviario nell’area del dismesso Cinodromo risponde a tutti i requisiti tecnico-funzionali, garantendo il parcheggio e il transito di 50 tram con tutte le attrezzature necessarie». Un disegno «strategico», dunque, «con tutti i requisiti tecnici». Peccato che in 3 anni sia rimasto tutto sulla carta. Con quelli di Acrobax, con l’aria che tira, meglio non discutere, deve avere pensato il Comune. Più facile rivedere un levriero al Cinodromo, in futuro, che un tram.
Resta il deposito su viale Palmiro Togliatti. Il 1° ottobre 2004, sul «Messaggero», Calamante fa il punto: via libera al progetto, il nuovo deposito dei tram sorgerà dietro il Centro Carni, in un’area abbandonata ai lati di via Severini. La struttura potrà ospitare 85 jumbo: «L’opera - dichiara Calamante - crea le premesse per liberare Porta Maggiore dall’attuale deposito, la cui collocazione, fra edifici abitati, non è più sostenibile in una città moderna». Tutto bene. Ma i due anni e mezzo promessi per realizzare l’opera scadono giusto in questi giorni. E solo ora si comincia a parlare di trasloco per i macellai, per i tram bisognerà aspettare forse il prossimo assessore.
Scomparso nel porto delle nebbie anche il collegamento Rebibbia-Mercati generali. L’opera consiste in una metro leggera di superficie tra il capolinea Metro B a Rebibbia ed il Car. Finanziato a suo tempo dalla Provincia di Roma, guidata da Silvano Moffa, l’intervento era stato infine approvato dal consiglio comunale di Roma il 24 luglio 2004. La mozione, presentata da An, impegnava «sindaco e assessore ad attivarsi con sollecitudine per la realizzazione». Il documento evidenziava «il gravissimo disagio dei residenti di Settecamini e Case Rosse per il traffico sulla Tiburtina, a causa delle migliaia di pendolari che usano la consolare», sottolineando «l’intensificarsi dell’urbanizzazione nella zona nei prossimi anni per l’insediamento di aziende, centri commerciali, abitazioni».

«Sono numerosissimi i comitati di quartiere che da tempo chiedono la realizzazione di questa metro leggera», concludeva il capogruppo di An, Sergio Marchi. Malgrado i fondi e il voto in consiglio comunale, però, è tutto finito in una bolla di sapone.

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