Desario, quel «mastino» in prima linea

Tutti i poteri passano al direttore generale per anni responsabile della vigilanza

da Milano

Della fine degli anni 90 si parla del suo obiettivo, vero o semplicemente dichiarato: andare in pensione dedicandosi, finalmente, ai nipotini. E invece Vincenzo Desario, 72 anni, è ora più che mai in prima linea. Dal momento in cui, oggi, le dimissioni del Governatore saranno presentate al Consiglio superiore della Banca d’Italia, sarà lui, il direttore generale, a esercitarne tutti i poteri. Secondo quanto stabilisce lo statuto dell’istituto sarà Desario a tenere il timone in attesa della nomina del successore di Antonio Fazio. Sempre che non si scelga la soluzione interna e che non gli venga chiesto di allontanare ancora il ritiro, affidando a lui l’incarico di numero uno.
Eppure il suo addio a via Nazionale sembrava già praticamente certo nel 1998, quando Tommaso Padoa Schioppa lasciò la Consob. In pole position per la sua sostituzione c’era proprio Desario, il mastino della vigilanza di Banca d’Italia, l’uomo che, dopo il concorso vinto nel 1959 e un breve periodo trascorso alla sede di Foggia (lui è nato a Barletta, in provincia di Bari), si era in pratica occupato solamente di fare le pulci ai bilanci delle banche sottoposte all’autorità di via Nazionale.
Desario si è trovato ad affrontare sul campo alcuni dei più clamorosi crac finanziari della più recente storia italiana: da quello della banca Unione di Michele Sindona allo scandalo Italcasse, fino al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (dell’istituto fu anche commissario provvisorio). Anche per questa esperienza maturata su «fronti caldi» venne nominato nel 1983 direttore centrale per la vigilanza creditizia. Un incarico mantenuto per 10 anni, fino al giugno del 1993, con la nomina a vicedirettore generale e l’ingresso nel direttorio. Poi nell’ottobre del 1994 l’ultima promozione, quella a direttore generale, dopo un confronto a muso duro tra Fazio e il governo che avrebbe preferito, almeno in una prima fase, un candidato esterno (allora si parlò di Rainer Masera).
In tutto questo periodo Desario è tornato anche a occuparsi di vigilanza sugli istituti di credito: nel breve interregno tra l’addio di Bruno Bianchi (che Fazio avrebbe voluto trattenere oltre i limiti della pensione, tentativo bocciato però dalla magistratura) e la nomina di Francesco Frasca. Solo pochi mesi, fino al luglio 2004. Da direttore generale, il numero due della banca centrale, Desario è sembrato attenersi a un principio che anche Fazio sembra aver interpretato con particolare coerenza: in Banca d’Italia si comanda uno alla volta.


Tra i due qualche tensione sembra essere emersa solo di recente: nell’agosto scorso trapelò che Fazio aveva intenzione di far aprire un’indagine da parte dell’ispettorato sul comportamento dei due dirigenti, Castaldi e Clemente, che avevano dato parere negativo sulla scalata della Popolare italiana. Le perplessità di Desario bloccarono il progetto.

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