Ma il design non diventi un lusso come l’alta moda

Italia, Milano, Rho, nel nuovo polo fieristico si celebra la più glamour kermesse al mondo per il settore dell’arredo ed i suoi derivati. Parliamo del Salone del complemento d’arredo o più noto salone del mobile. Gente da ogni dove calca la lunga passerella degli stand ove espositori nazionali ed internazionali si avvicendano per guadagnarsi una posizione. Difatti, stando ai dati, il successo è già ufficialmente raggiunto considerato che ogni centimetro quadro disponibile è stato velocemente e per tempo prenotato, con buona pace dei tantissimi ancora in lista d’attesa.
Del resto tutto l’universo, geografico e del settore dell’arredo, gravita intorno alla Milano del salone. È l’ingresso nella società di chi decide le tendenze del mondo della casa. Chi è arrivato al successo deve esporre per conservare il «blasone» conquistato e chi vorrebbe il battesimo del settore, lotta strenuamente per accedervi. La caratura delle aziende presenti ed il loro peso sul mercato è proporzionale alla superficie dello stand conquistato.
Il mobile da complemento d’arredo singolo si evolve in serie di elementi che possono caratterizzare uno spazio, fino a divenire «concept-living», ossia paradigma da declinare nei diversi ambienti della casa. L’oggetto che nasce per assolvere una precisa funzione migliorandone l’utilizzo, è promosso ad oggetto di design: reinterpretazione formale di un oggetto funzionale.
In tutto il polo fieristico si respira aria internazionale, soprattutto dell’est europeo ed asiatico. Nuovo mercato che ha fortemente condizionato persino le linee di produzione. Ora l’Italian style è anche declinato alla orientale. Colori e decori improponibili alle nostre latitudini, iniziano a caratterizzare i nuovi cataloghi per l’estero. Questa crisi sancisce che sempre più spesso il prodotto è guidato dal mercato e meno dall’identità del brand. Una delle impreviste derive positive di questa congiuntura internazionale è la rivoluzione che ogni azienda ha dovuto innestare al proprio interno. Migliora la qualità dei prodotti, si istituzionalizza il rispetto per l’ambiente, si promuove l’antico concetto di riciclo, si nobilitano con firme d’autore semplici oggetti prima facilmente snobbati.
Ma siamo ancora agli inizi. Si percepisce neanche tanto velatamente che se per un verso la crisi ha evoluto e migliorato il rapporto tra il produttore e le esigenze di una nicchia di mercato (ricca!), per contro siamo ancora all’anno zero sulla confusa e dicotomica relazione produttore-utente finale (medio!). Ho visto cucine pari a due appartamenti di gente media! Bagni da ville hollywoodiane ammirati a bocca aperta dagli stessi operatori del settore. Allora, se si vuole lanciare nuove tendenze provocando è un conto, ma se tanta ostensione di lusso rimane fine a se stessa ed al suo mercato di nicchia, si abusa in modo «sacrilego» del concetto di design! Parlo del ceto medio, di persone comuni che rappresentano fette di mercato ignorate. Il rapporto qualità prezzo ha raggiunto per molte aziende - soprattutto blasonate - livelli improponibili per i più.
Il design, economicamente parlando, dovrebbe migliorarci la vita in modo indolore o quasi... W il design sociale! I prezzi sono ancora troppo alti, ed a esplicite richieste, ho avuto risposte spesso imbarazzate, quasi sdegnate.

Quella, che mai come in questi tempi, è una variabile importante con la quale rapportarsi quotidianamente è divenuto un elemento secondario e superfluo da approfondire! In questo modo, fatte salve piccole nicchie di fortunati, il mercato italiano è destinato ad essere orfano di oggetti di puro «economico design», ed il salone come l’alta moda, si allontanerà sempre più dalle tasche degli italiani, diventando il paese dei balocchi per soli ricchi!

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